Decima puntata della rubrica che vede Daniele Bazzani e Giovanni Onofri parlare delle...
L'antefatto
Ok. L'evento vero, in realtà, era un altro. Il Capo aveva accettato di esserci. Incredibile. Nel 1998, fidanzatini recentissimi, ebbi la splendida idea di portarla a sentire Pat Metheney (“è solare, è melodico, ha un sacco di fans soprattutto tra i non-musicisti...”).
Quel concerto mise a durissima prova la possibilità di un futuro comune. Infatti ci ho messo 10 anni prima di osare proporgliene un altro. Ed è stato con Scott Henderson, il grande. Il risultato lo conoscete. Eppure, ella accondiscese (e quando una donna accondiscende a una cosa così, è durissima la scelta tra esultanza e terrore... che cosa nasconderà... bah...)
Vabbè, ci si vede alla fortezza con Orio, gentilissima fidanzata, e suo collega chitarraio. Si prende posto. Il palco promette bene: grande, con impianti audio e luci degni di questo nome, e un contesto (all'aperto) che valorizza il tutto. Si freme.
Gli altri
Zibba e gli Almalibre, un misto tra MCR e un Capossela con la sbornia allegra che inaugurano il set dichiarandosi poco adeguati al contesto, ma presenti in quanto... membri dell'organizzazione!!
Una franchezza disarmante.
Non è il mio genere, ma non sono male: testi meno scontati della media, un buon innesto del violino (con violinista estremamente coreografico, scenografico, agiografico... ?!?), un chitarrista scarsino, ma nel complesso un bel set.
E il Capo che chiosa chiedendo se può portarsi a casa Zibba tra i peluches... a guardarlo, in effetti...
E' il turno di Chris Duarte. Capelli splendidi, glieli invidio molto.
Lunghi riccioli biondi che... come? Non siamo su Vanity Fair? Ok, vabbè... Di lui avevo sentito qualcosa molto, molto tempo fa, e il ricordo era sbiadito: mi pareva di trattenere una vaga idea tipo “immagina-che-Stevie-Ray-si-sia-fatto-inchiappettare-da-Bombolo”.... rende l'idea?
Vabbè, era comunque una rimembranza arcaica, perciò arrivo all'ascolto con orecchio vergine. Per prima cosa, però, noto una sezione ritmica che già alla vista promette bene: il bassista sembra un incrocio tra il figlio segreto di Victor Wooten e l'orso Baloo, mentre il batterista sembra un gangsta rapper. Arrabbiato. Bene bene, da sfregarsi le mani.
In realtà, già alla fine del primo pezzo il Capo le mani se le sta sfregando solo come warm-up per gli sganassoni che vorrebbe tirargli.
Il futuro del mio sacro vincolo è a serio rischio.
Già intrasento un calore da fiamme eterne...No buono!! No, sul serio: il mio giudizio su Duarte è estremamente incerto, non so bene cosa pensare.
Che sia bravo, non ci piove. È più teatrale di quanto io apprezzi, e se da un punto di vista visivo questo potrebbe anche essere irrilevante, beh, da un punto di vista musicale mi pare già più significativo...
Non so, mi dà l'idea di “sbroccare”, di essere quasi sempre un centimetro al di là di quel sottile crinale che separa la visceralità dalla gigioneria, l'intensità emotiva dall'autocelebrazione...
Senza volersela menare con tecnicismi da recensore “nerd”, diciamo che è stato splendido nel gestire ritmiche e fills, con un approccio texano dinamicissimo, degno del miglior Stevie Ray (e forse, in certe circostanza, persino più efficace...l'ho detta grossa!), ma appena partiva coi soli... puff, era uno sbrodolare di note interminabile, piatto, a-dinamico, molto da “Michael Angelo Batio del rock-blues”. Se posso.
E il suono? Il Capo l'ha definito “stridulo”, ma lei è abituata bene... ;-) Seriamente, a parte un paio di momenti con un abuso di chorus e flanger, nel complesso è stato estremamente “straight”, con la strato (del '63, come lui) dritta in una testata Marshall probabilmente modificata e qualche pedale...
Nel complesso, il pezzo migliore è stato l'unico non blues, ma c'è da dire che su quel giro di accordi è davvero dura suonare cose proprio brutte brutte..
Lo zio Robben
E ora veniamo al piatto forte della serata. L'anno scorso, insieme con Larry Carlton, mi avevano commosso fino alla lacrimuccia. Adesso non mi sarei perso zio Robben per niente al mondo.
A parte tutto questo, dicevo, c'è che zio Robben è semplicemente uno dei pochissimi che mi fa venire la pelle d'oca, e non metaforicamente. Non a caso, da qualche tempo è il più presente sul mio lettore.
Quindi: smantellato il palco dalle attrezzature degli altri, restano solo i due Twin e poca pedalanza (a orecchio, ché non si vedeva: volume, wha, zendrive, e un delay tenuto sopra a uno dei due twin per poterlo settare al volo senza doversi chinare fino a terra), la batteria, l'ampli del basso. A proposito, a suonare il 4 corde c'era Travis Carlton... sì, è il figlio, e suona veramente di brutto!!
Vabbè, che dire?
Partiamo dal presupposto che il fonico era da codice penale: nei primi tre brani la batteria sovrastava tutto, poi, anziché abbassarla, ha alzato tutto il resto, col risultato di trovarci a volumi da Gods of Metal... porc putt!! Vabbè, perdoniamo. Ma solo perché il rancore colpisce chi lo prova, e io voglio godermi lo zio e non sono disposto a farmelo guastare. Ecco!
In realtà, non sono la persona più adatta a recensire il concerto.
È come chiedere all'oste se il vino è buono. Lo è sempre, per definizione.
Quindi: a me (sottolineo: a me) è piaciuto, e parecchio. Tanti brani da “Truth”, l'ultimo album, che a me piace assai. Per qualcuno troppo poco blues, per qualcun altro (il Capo) troppa chitarra (“quando canta è bravo, mi piace pure... poi vabbè, suona... si sente che è bravo, ma è proprio il fatto che suoni che me lo mena...”
Però poi si è lanciata in disquisizioni addirittura sul suono, preferendo quello della tele bianca che ha imbracciato in un paio di brani... ma forse dipende anche dal fatto che uno dei due era l'unico che apprezzasse già da prima!!). Io dico: grande.
Bell'equilibrio, adoro quel suo smisurato talento nel centellinare le note senza concederne una di troppo, quella dinamica sconfinata che va dal sussurro al grido, quella capacità di arrivare alla pancia, al cuore, ma senza disdegnare di passare anche dal pensiero...
Non so, la verità è che sono in pochissimi quelli che segnano fisicamente durante l'ascolto, che mi creano smorfie, lacrime, sorrisi, eccitazione, brividi...
E tra questi pochissimi lo zio Robben c'è.
Perciò, Robben, grazie. Grazie di cuore.
PS: e grazie pure a Orio, che ci ha messo le foto...
Coccia
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