Decima puntata della rubrica che vede Daniele Bazzani e Giovanni Onofri parlare delle...
Mi preme evidenziare immediatamente che - purtroppo - ad oggi, ancora non sia stato dato un seguito a Born Into Eternity, perché il margine e le potenzialità per migliorare ancora ci sono tutte.
Il disco viaggia sostanzialmente nei territori doom ma con caratteristiche uniche che lo rendono sicuramente appetibile.
Oggigiorno, troppo spesso vengono affibbiate etichette 'stoner' ad una pletora di gruppi che poco hanno a che vedere col citato stile.
Gli Starchild sono uno di questi. Suonano doom e basta, e suonano doom con una buona dose di personalità, che è invece il principale elemento carente in quasi tutte le produzioni moderne, indipendentemente dallo stile.
Il mood che accompagna l'intera release nasce dall'incontro dell'incedere classico del doom, quale la lentezza metronomica dei brani con alcune particolarità che andremo ad analizzare immediatamente.
La chitarra risulta 'grande' e non distortissima e mai troppo compressa e - soprattutto - condita incessantemente da un effetto di modulazione (chorus) che tende ad ingrandire il suono (ed allo stesso tempo ad addolcirlo). Posta in una spaziatura stereo piuttosto evidente, tesa ad ottenere un suono più grosso, descrive riff classici e godibili che costituiscono, insieme alla voce perfettamente lamentosa, la colonna portante del cd.
La batteria ha invece un curioso suono quasi anni '80, col rullante grande, a fusti lunghi (che ho sempre odiato in gioventù...) il quale conferisce tuttavia una caratteristica particolare al disco in questione.
Il basso è volutamente presente e, bisogna dirlo, si produce in un paio di errori sicuramente rimediabili in sede di editing la cui correzione avrebbe addolcito sicuramente il giudizio dell'orecchio più esperto.
Il disco presenta dei pezzi acustici che non possono non rimandare ai primissimi Black Sabbath, sempre piacevoli e sui quali avrei indugiato ancora.
I soli di chitarra, benché non corrano mai sopra le righe in quanto a fattura ed emozionalità, non sono mai ridondanti o fine a se stessi, come avviene purtroppo nel 90% dei casi odierni.
Un disco dove è la canzone a far da padrone, dove la voce regala spunti melodici da non sottovalutare.
---o---
Bello il primo brano "Bride" condotto da un riff intelligente e godibile.
'Rising Star' ci regala arpeggi di chitarra in stile doom.
Così il terzo pezzo, 'Love', arricchito da piacevoli fraseggi doom.
'World Without End' potrebbe benissimo essere una ballad acustica dei Sabbath, un piccolo intermezzo di un minuto ...
'Earthless' ricorda vagamente i Warning di 'Watching From a Distance', e non è poco.
'Bleed' apre con un ritmo in 6/8 che contribusce e sottolineare la lentezza del doom, si sviluppa poi in un giro ossessivo che permette alla voce di tessere le solite buone melodie.
Ancora Black Sabbath con 'Eternal Summer'.
Quindi, la rilassante e vagamente psichedelica 'Behold' che lascia il passo alla traccia omonima "Born Into Eternity" per sette minuti di psychodoom di tutto rispetto.
Migliorabile, ma sicuramente un buon album !
---o---
Tracklist
1. Bride 4:05
2. Rising Star 4:33
3. Love 3:32
4. World Without End 1:04
5. Earthless 5:30
6. Will You 1:42
7. Bleed 4:00
8. Eternal Summer 4:04
9. Behold 4:50
10. Born into Eternity 7:00
73/100
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