Rush: Remake

Scritto da AlexUnder il 29/May/2009 alle 02:05

Sezione:

 

E' una tecnologia ormai morta e mai più verrà riesumata, perchè sì, il 33 giri si riga, ma non perde i giri (appunto). Invece quelle belle Basf da 90 e, ancor meglio, quegli sboroni della TDK che te le facevano su misura, da 54, da 76, da 80, c'erano pure quelle in metallo e in diossina da 120!

Che bello poi quando ti piazzavi davanti allo stereetto che papà aveva preso coi punti della Q8. Ahhh, il mitico stereetto, quello che ha registrato tutte le prove dei Mururoa, quello che stavi là a premere come un deficiente "play e rec" e immancabilmente scivolava come una saponetta nella doccia in caserma e....zuc...eh ma te l'avevo detto, che pretendi? Mah...

Però poi va a tutto a finire in cantina, quelle cassettine registrate da chi o per come (ma chi cavolo si ricorda), però i titoli e i bordi rifatti con la stessa scritta dell'orginale, e perchè ci si teneva eh, che ti credi?

Mica è come adesso: ti scarichi la discografia intera dal Mulo e non se ne parla più, senti un paio di EP accazzo che neanche loro si ricordano e poi chi se ne frega, ma chi saranno mai 'sti Rush, tanto mica l'ho comprati, l'ho letto su Laster.

E che è Laster? Ma che ne so, un nido di matti che parlano di chitarre e a volte di gruppi che solo loro conoscono, ma sono anticaje e petrelle.

Così arriviamo al nocciolo. Era il 2000, me ne stavo a fare il primo giorno di lavoro in fabbrica e mi inciulano la macchina di mia madre, con dentro tutte le mie belle cassettine. Disdetta e disgrazia... Certo per la vecchia Uno 45 Fire, la 313 come la chiamavo io, una bella rogna, ma le cassettine? Quelle storiche?

Una storia di tanti anni fa...

Eh sì, perchè le cassettine non erano solo un modo per rubare la musica, erano un modo per diffonderla, ma non come Internet di oggi. Una volta la cassettina la squagliavi, e solo quando l'accordo iniziale di "Tom Sawyer" da Mi minore diventava un Do baritono non ti potevi azzardare di dire a te stesso "a me questi fanno cagare", e se poi lo dicevi, era per sempre, e così fu.

Quel giorno me lo ricordo ancora, autunno '93, arrivo in paese con la mia spavalda chioma al vento lanciato a tutta velocità con il mio fiero Sì verde metallizzato con variatore, praticamente sui 30 orari, e ti becco lo "sbattero" Bohnam (o come tutti chiamavamo: Bonanza) che estrae dalla tasca del giubbotto jeans una cassettina verde della Sony, con la scritta RUSH a pennarello blue grosso.

Giro e vedo scritti 12 titoli, 6 per parte, che non mi dicevano una fava: ecchicazzosò? (tipica affermazione gergale normiciana che suona tipo: ueh, ma chi sono questa boyband? Mo' me li sparo in endo!)

E così ho fatto. Ci piazziamo dentro la macchina dello zio, artefice della cassetta e parte 'sto crivellare di chitarra, che stacco subito. "Vabbè che mi piace il rock ma questo che sta a fare? Rimetti indietro la cassettina che non ho capito bene"
"Ahò fidati" - mi fa Bonanza - "questi so' forti, sono tutti strani, li rimetto".

E riparte la cassettina, fruscio... tiritarataratara, e poi quegli stacchi di batteria e basso, riff serratissimo, 'sti suoni di chitarra anni '80, pieni di chorus, effetto che allora non sapevo neanche a cosa servisse... Chiedo: "a Bo' ma come fanno a essere in tre questi? Ma che non lo senti? saranno trenta!" Mi zio mi dice che sono tre e sono canadesi...

La tracklist della cassetta

La scritta riporta The spirit of "the" radio  (con il solito inglese maccherons): lui conta, ma questo non è 4/4, che roba sarà mai? 5/4? Scopriì solo dopo trattarsi del mitico 7/8 su cui si basavano quasi tutti i brani dei Rush del periodo d'oro, quello prog.

La cassettina ci lascia attoniti, non fanno in tempo a finire gli assurdi stacchi finali che parte un colpo di batteria e Synth, GHIAWWWWWWWWWWNN: la scritta in blu dice Tom Sawyer, il titolo di uno di quei libri che uno dovrebbe leggere da piccolo e che poi leggi a 25 anni (e cioè molto più in là). Visto che ci sono le tastiere? Sono in quattro! Eh sì, fa il Bonham de Norma, hai ragione, come fanno se no, ahò ma che d'è? E sto assolo chi lo sta a fa? Il chitarrista o il bassista?

Non ci si crede, è troppo strano! Torna indietro... Eppure questo è dispari, ma come si fa? Ahò, senti la batteria che figata, e il Bonanza che parte come un deficiente a suonare con le mani e poi va di bacchetta col primo oggetto che capita: il volante lo vedo male come rullante improvvisato, la frizione penso sia andata ormai; con la cicca in mano a simulare il ride, quasi me ceca n'occhio!

In effetti lo sbattero je l'ammolla, ma chi è 'sto fenomeno? Boh, mica c'è il booklet da fighetto nelle cassettine!
tin tin tin tin tu tu taa tu tin tin tin...

Mmhhh?? Oddio!
Ormai è partita, indietro non si torna, qui c'è scritto male YYZ, ma sarà XYZ, cosa vorrà mai dire? Ormai anche il pedale del freno è una poltiglia, la batteria è devastante, basso e batteria infernali, sotto le urla della gente: ma allora è un live! No dai, ma mica siriescono a fa ste cose dal vivo, stacchi, controstacchi. Il basso così non l'ho mai sentito in vita mia, assolo di batteria: ZITTO!
E chi fiata?

La stranezza del Bonanza era che se il pezzo andava, lui ti sfondava i maroni con le mani come un deficiente, poi però, se partiva l'assolo, rimaneva come di sale: manco respirava, gli occhi da spiritato, neanche una canna lo poteva ridurre così! E poi, intendiamoci, stavamo sentendo uno degli assoli di batteria più belli e storici mai realizzati nella musica, un assolo di "sbattera" con le note, inserito in un pezzo da suicidio: insomma, eravamo al cospetto del Professor Neil Peart, mica cazzi!

Uno di quelli che tutti ammirano e dal quale hanno preso tonnellate di idee e tecnica; ma noi mica si sapeva chi era 'sto bestia! E poi ripartivano, comese  nulla fosse, con una chitarra mezza araba e il "bassaro" che non si sapeva che cosa facesse! Eh sì, questo è un capolavoro, questa musica non te la togli più dalla testa, ti entra dentro e non se ne va più.

Già sai che non uscirai da questa macchina prima della fine del secondo lato e siamo solo al terzo pezzo!
Il quarto si intitola Limelight, e parte con un bel riffone di chitarra, il tutto sembra più "dritto", ma gli stacchi sono sempre tanti e la voce va come se niente fosse, la canzone è allegra, molto orecchiabile, ma tutt'altro che banale. L'assolo di chitarra è di una bellezza inimmaginabile, eppure il pezzo suona "zozzo" da far schifo, spesso non si capisce neanche quello che fa, ma ci sta un sacco bene.

Il quinto è un'altra folgorazione che pare non finire mai. The Camera Eye dura oltre dieci minuti, i riff intrecciati di synth e chitarra creano un alone di magia particolare, suona vecchio e nuovo per le nostre orecchie, ma a ogni nota e ogni passaggio è come scoprire qualcosa di nuovo. Rimarrà uno dei nostri pezzi preferiti, nonostante non sia tra i più famosi della band.

L'ultimo pezzo del primo lato è scritto in un francese stentato, tanto che penso a un errore di scrittura, ma in effetti si intitola Entre Nous. Il brano è piacevole, ma non eccezionale come i precedenti, andante, simpatico, stacchi strani: ormai ci si stava abituando, ma questa sembrava facile rispetto a prima, e a un primo ascolto quasi deludente.

Ma poi la parte centrale strumentale ci riporta a queste strane sonorità e allora ci piace, un po' meno, ma è figa pure questa! All'improvviso, mentre quel poraccio canta zuuuuc, finisce il nastro! Noooo, ma che davero! E non fai in tempo a bestemmiare in gaelico che si gira la cassettina con l'autoreverse: ahò questa è tecnologia! Che ne capite, figli dell'I-pod? Tzè!

Riff granitico di chitarra, voce graffiante, acutissima, "ignorante", ci ricordano i Led Zeppelin: Bastille Day, suoni anni '70 pieni! Ma il cantante èsemvraun altro. Boh, ne avranno avuto uno diverso in passato, però poi sembra di nuovo quello di prima, e dai, quanto saranno vecchi?

Something for nothing parte con la chitarra acustica e il basso che svisa, il cantante è tranquillo, ma i suoni sono simili alla precedente: capiamo che il cantante non è mai cambiato, ha cambiato solo voce, e ricomincia ad urlare che pare un gallinaccio. Forte però, strano, ma forte! Il pezzo si infervorà, siamo su tutt'altro genere, qua è tutto hard con leggere vene prog, tutto l'opposto rispetto al primo lato.

Andiamo sull'arabo? mi fa Bonanza. Parte A Passage to Bangkok: la batteria crea suoni strani con i campanacci, la versione è live, capiamo che è lo stesso album di YYZ. Il brano è geniale, "progghissimo"; le sonorità sono stranissime per noi. Bello il solo, ma come fa a suonare su un giro che va da tutt'altra parte? I riff sembrano iniziare e finire fuori tempo, ora in anticipo, ora in ritardo, ma pare sempre fuori e dentro il tempo.

Ci guardiamo ormai storditi, i pedali ormai sono inservibili, la veemenza è sopita: Bonanza non ce la fa più, ascolta e fuma.
"Shhh, zitto, non se sente na fava, solo fruscìo, alza un po'? Che è? Flamenco?". Una chitarra arpeggiata va in crescendo, ma che strano, pare come girata, sembrano due ma è una. Sale il synth, sale il charleston, inizia a piovere: sul vetro scorrono le gocce, la macchina è una camera a gas, ci piove sul braccio, ma non c'è verso che Bonanza spenga quella Marlboro.

E poi l'apoteosi: 9 minuti e rotti di prog strumentale con continui cambi, passaggi allucinanti, stacchi e il solo - che solo - da pelle d'oca, uno dei più belli mai sentiti in tutta la mia vita, quel gioco di volume, quel crescendo, che nella pioggia trova il suo naturale equilibrio, che tocco, che suono!

 

 

Apre con quel bending e cresce tutto, lo senti che sale da dentro come un urlo, senti proprio nelle viscere che sono un tutt'uno, quei tre dentro il mangianastri, la pioggia, il paese mezzo sonnacchioso, il Bonanza che sembra uscito da un film di Mel Brooks, e per di più in bianco e nero... "Ahò, ma mica c'è rimasto no? oh, ma sei vivo? shhhhh, famme sentì!"
E' vivo! Tranquilli, signori: La villa strangiato, il capolavoro dei Rush.

Stiamo per tirare le cuoia quando a salvarci arriva Closer to the Heart, ballata semiacustica dall'insolita durata di soli due minuti e mezzo, uno dei cavalli di battaglia del trio canadese, ma una di quelle che non mi ha mai fatto gridare di gioia, e infine sta piccola chicca: l'ultimo titolo è Before and After. Un brano delicato, molto semplice, una specie di ninna nanna, un bel crescendo di chitarre acustiche ed elettriche, mai esagerate, tutto strumentale; poi, sul più bello, la cassetta si interrompe, lasciandoci questa insolita poesia, come titoli di coda di un film titanico, di quelli che sai perfettamente che vedrai e rivedrai sempre volentieri.

Usciamo sotto l'acqua e Bonanza mi fa: "ahò, te la presto ma la rivoglio eh?"
Inutile dirvi che l'abbiamo riascoltata fino alla nausea ma che non più uscita dalla mia auto.

Il "Remake"

E qua uno potrebbe dirmi? E Remake di cosa, scusa?
Bah, un paio di settimane fa, mi è venuto uno strano magone, mi sono ricordato quel giorno e questa cassetta, io che ormai sono cultore dei Rush, conosco ogni album, live, raccolta, quello che volete. Ma questa cassetta per me era il loro migliore album, quello che me li ha fatti scoprire e mi ricorda momenti bellissimi della mia vita.

Così ho deciso di prendere un po' di mp3, ricordarmi la scaletta perfetta, aprire un paio di software per "tagliare" ad arte le ultime due tracce di ogni...ahemm, lato: ed eccolo qua, il mio Rush Remake. L'album mai pubblicato dei Rush, ma quello che preferisco in assoluto.

Quanti sono quegli album della vostra vita mai esistiti e quelle compilation personali scomparse a muffire dentro dei cartoni nelle vostre cantine?
Perchè non rifarli? La tecnologia, in fondo, oltre ad aiutarci a vivere meglio, può servire a non farci dimenticare chi siamo, a ricordarci la nostra storia e la nostra vita, così unica ed irripetibile, fatta della nostra musica e delle nostre emozioni.

Ciao Gente!

AlexUnder