Decima puntata della rubrica che vede Daniele Bazzani e Giovanni Onofri parlare delle...
Un periodo di pausa
La EMI, quanto mai esuberante per il successo commerciale poco atteso, spinge sull'acceleratore: nel giro di un anno usciranno quattro singoli con relative B-Sides e due EP.
Alcuni di questi pezzi sono molto interessanti: Lull è semplice e melodica, dotata di una bella scrittura, Palo Alto è abrasiva e impreziosita da una chitarra ultra distorta, tutta registrata con un multi traccia TASCAM sul tourbus. How I Made My Millions è poco più che un demo, registrato in casa con un Minidisc (si possono sentire rumori di piatti lavati: la fidanzata di Thom era in casa al momento della registrazione), ma è melodicamente molto affascinante.
Con il successo commerciale, arrivarono anche i Grammy: Miglior Album Alternativo del '97. Nel corso del '97 uscì anche un raccolta dei videoclip usciti fino a quel momento, "7 Television Commercials". Il tran tran di questo periodo è stato raccolto in un bellissimo film-documentario, "Meeting People Is Easy".
Nelle varie testimonianze di backstage e interviste, la trasformazione dell'umore del gruppo è evidente. In particolare Yorke ammise che tutta quella follia mise a dura prova l'equilibrio psichico. Il successo planetario aveva incrinato i difficili rapporti con la stampa e i media in particolare: per un gruppo anomalo e irrequieto l'omologazione all'interno del sistema tour-disco-promozione era di difficile sopportazione.Nell'estate del '98, alla fine dell'estenuante tour, i nostri si presero meritate vacanze.
A dicembre parteciparono a un concerto per Amnesty International, unica data europea per l'anno. Nonostante alcuni pezzi nuovi erano stati saltuariamente suonati durante l'infinito tour di Ok Computer, nessuno inedito venne presentato per l'occasione.
La band torna in studio
L'appuntamento per i lavori sul disco nuovo erano per gennaio '99, a Parigi. Il team era lo stesso di Ok Computer, nessun produttore e assistenza tecnica di Nigel Goodrich.
Per la prima volta dall'inizio della loro carriera i Radiohead non avevano assolutamente nessuna pressione esterna: la EMI era pacifica e tranquilla e non aveva imposto tempi, i fans ormai affezionati seguivano senza pressare, la stampa non aveva nessuna fretta.
Ma all'interno del gruppo le cose erano ben diverse. Thom Yorke era andato incontro al blocco dello scrittore, tormentato dall'idea di produrre qualcosa di altrettanta presa di Ok Computer, e in generale non c'era un accordo su che direzione dare ai lavori: chi come Ed O'Brien proponeva un abbandono dell'elettronica, chi come Yorke e Greenwood suggeriva una radicalizzazione del sound.
Il tutto si trasformò in uno scontro che per poco non autodistrusse il gruppo. Dopo poche settimane si tentò di cambiare studio, passando due settimane a Copenaghen.
I risultati furono infimi, e si decise di ritornare in Inghilterra. Il problema era il medesimo: nessuno aveva una chiara idea di come registrare il disco.
Il periodo venne descritto da Goodrich come "... una follia, nessuno parlava più con gli altri". In Inghilterra le cose peggiorarono ulteriormente: volarono parole grosse e si decise di prendere una pausa. Al ritorno, dopo vari chiarimenti, riunioni e autoanalisi si approdò finalmente a un modus operandi e le registrazioni iniziarono ad essere fruttuose, anche se sempre molto rallentate.
Le difficoltà uscivano dalla stretta cerchia del gruppo anche attraverso il blog ospitato dal sito ufficiale del gruppo, scritto da O'Brien. A settembre del '99 comparvero i primi segni positivi, qualche lista di pezzi ormai a buon punto. Anche se apparve chiaro che non tutti avrebbero suonato su tutte le tracce del disco, la cosa venne presa positivamente: "Dovemmo imparare a partecipare alla creazione del pezzo senza suonare una sola nota..." ricorda Ed O'Brien.
Altro motivo di ottimismo era il rinnovato interesse, da parte di tutti, all'utilizzo di strumenti non propri: looper, batterie elettroniche, Mac e sequencer venivano usati da tutti e spesso si passavano giornate in studio senza toccare una chitarra o un pianoforte. Gli stimoli arrivarono così forti che nella primavera del 2000 il quintetto di Oxford si ritrovò con 24 canzoni quasi complete.
Invece di fare uscire un disco doppio, decisero di fare uscire due dischi in sei mesi raggruppando le tracce per coerenza. Scottati dalla precedente esperienza di Ok Computer, i Radiohead scelsero anche un tipo di promozione assolutamente innovativa: nessun singolo, nessun video, nessuna presentazione ufficiale; utilizzo massiccio di Internet per la promozione, tour in location particolari e nessun tour mondiale e prolungato.
Tre settimane prima dell'uscita comparvero sull'allora famigerato Napster tutte le tracce di Kid A. La reazione molto composta del quintetto fece sorgere più di qualche sospetto circa l'identità del pirata. Il disco d'altra parte era stato suonato con una serie di concerti a giugno, per poi uscire a settembre. Il suo successore sarebbe uscito a giugno del 2001.
Due nuovi album
Kid A e Amnesiac sono due album incredibili. Nati nelle stesse sessioni e nello stesso tempo, sono entrambi molto caratteristici, quasi ad indicare uno sviluppo interno al gruppo durante lo stesso periodo, tutto sommato non lungo, delle registrazioni.
Volendo fare qualche distinguo, Kid A è quello un po' più ispirato, meno convenzionale e più estremo, mentre Amnesiac è dotato di testi più intellegibili rispetto al precedente: Kid A è sicuramente il disco meno cantato del quintetto di Oxford.
Presi singolarmente sono due bei dischi di musica tra l'elettronica e il rock. Inseriti nel contesto della discografia dei Radiohead sono due capolavori assoluti. Nel giro di tre anni il rinnovamento del sound è così radicale da lasciare spiazzato qualsiasi fan legato ai dischi precedenti. Nessuna chitarra riconoscibile, nessun ritornello, nessuna canzone con una struttura tradizionale, quasi nessuno strumento acustico. Anche se, come vedremo, il disco è rock nella sua espressione più ampia.
Se proprio si vuole trovare una parola che descriva i due dischi, quella migliore è esplosivo. Il primo ascolto lascia un misto di stupore e ammirazione: anche un rocker incallito fatica a smettere di ascoltare il disco, pur essendo un lavoro dai suoni elettronici e anticonvenzionali. Ma vediamo i due album, in ordine, partendo da Kid A.
Kid A
Il loop iniziale di Everything In It's Right Place, suonato in 5/4 su un raro Sequential Circuit Prophet 5, ha un appeal ipnotico e un suono devastante, in grado di occupare l'intero spettro sonoro. Geniale l'arrangiamento: la voce viene campionata in frammenti brevissimi e usata per creare un crescendo sonoro esaltante.
Il testo è in realtà formato da poche frasi ripetute ossessivamente, e supportato da un lieve battito ritmico in quarti. Ecco: non esiste ritornello, ma la semplice melodia del pezzo entra in testa al primo ascolto, e lo stesso fanno i piccoli campionamenti della voce.
Emozionante e coinvolgente. La title track è un pezzo praticamente ambient, con un testo che prende spunto dalla leggenda del pifferaio di Hamelin : cervellotica ma perfetto come suoni, regala quattro minuti di sollievo prima del pezzo più claustrofobico dell'album: The National Anthem parte con un giro di basso fuzz, presto supportato dalla batteria a fare da tappeto a suoni ultraterreni, prodotti dall'E-Bow di O'Brien e dal nuovo giocattolo di Greenwood, l'Ondes Martenot.
Il finale è catartico, fiati free jazz entrano di prepotenza fino a creare un caos sonoro organizzato e irresistibile. Durante le registrazioni venne chiesto agli ottoni di tentare di creare l'effetto del traffico bloccato nel centro di una città. Il testo, scarnissimo, fa notare che la paura sarà l'unica emozione che rimarrà.
Dopo questi tre pezzi quantomeno sperimentali, arriva qualcosa di familiare: un chitarra acustica sommessa è l'intro per How To Disappear Completely. Il giro è decisamente minore e la voce inizia a raccontare una esperienza di viaggio extra corporale. La dinamica del pezzo sale fino a un finale da brividi in cui la voce si fonde con gli strumenti, creando un unico tappeto sonoro.
Una versione assolutamente da lasciare senza fiato la si trova sul web, tratta da un live a Parigi, datato 2001. Anche qui compare l'Ondes Martenot, che sicuramente caratterizza il suono di tutto l'album: è uno protosynth, usato dal compositore del primo '900 Messiaen, dotato della particolarità di poter modulare il suono in tempo reale grazie ad un comando ad anello posto sotto la tastiera.
La successiva Treefingers segue lo stile di Kid A: un acquerello ambient, creato rallentando la chitarra di O'Brien e applicando loop ed effetti. Non compare nessun testo, eppure la traccia regala comunque qualcosa dal punto di vista emozionale.
In Optimistic compare per la prima volta dall'inizio del disco un arrangiamento chitarristico. Lo stile e l'atmosfera si inseriscono perfettamente tra le altre tracce, scale e accordi minori accompagnano un testo sui nefasti effetti dell'economia globale che non avrebbe sfigurato in Ok Computer.
A seguire In Limbo regala poliritmie e arpeggi sempre minori, un atmosfera sulla falsariga di The National Anthem e un finale in cui tutto viene passato per un delay mandato in oscillazione.
La vorticosa onda sonora generata porta a un altro capolavoro: Idioteque, con quattro accordi campionati e mandati in loop riesce a sospendere l'atmosfera ed a creare un suono siderale. La porzione portante del pezzo è un loop di una composizione elettronica di Jonny Greenwood, nella quale erano stati inseriti frammenti sonori di opere di pionieri della musica elettronica come Paul Lanski (citato anche nei crediti) e Arthur Krieger. Il falsetto di Yorke che canta un testo sui cambiamenti climatici e sembra agitarsi come uno scolaretto discolo. Grandissima atmosfera, ipnotica e irresistibile.
Sulla coda finale del pezzo s'inserisce la batteria acustica, con tempo dispari, che farà da supporto a Morning Bell. Un Rhodes fa da protagonista mentre Yorke canta un testo incentrato sul divorzio. Le chitarre entrano solo nel ritornello, e fungono da strato sonoro, travestendosi quasi da synth, mentre nel finale la batteria viene campionata, così come la voce, creando un'atmosfera onirica.
L'inizio dell'ultimo pezzo è una sorpresa retro: il suono di un Harmonium a pedale accompagna Motion Picture Soundtrack una canzone risalente ai tempi di Pablo Honey con un testo che racconta di innocenza perduta, brutti ricordi, e un angelo venuto a salvare la situazione. L'atmosfera solenne è veramente bella, arricchita da interventi di un coro.
Amnesiac
Fare paragoni tra Kid A e Amnesiac è semplice. Come detto prima sono dischi fratelli, ogni pezzo di Amnesiac è legato a corda doppia con un estratto da Kid A. Certamente qui c'è un maggiore sviluppo dei testi, una maggiore riconoscibilità delle stesse parole pronunciate.
Mentre i pezzi più esaltanti di Kid A (Idioteque ed Everything In Its Right Place in primis) hanno testi dal significato molto variabile, nel suo successivo emergono con maggiore nettezza, togliendo parte delle spazio alle meravigliose atmosfere sonore. Un piccolo ritorno a un modo più tradizionale di fare musica.
Ma tutte queste caratteristiche vengono fuori nel corso del disco: l'iniziale batteria elettronica di Pact Like Sardines In A Crushed Box è sulla scia di Idioteque, anche se l'atmosfera è diversa, e i suoni sono meno spaziali. Il giro di basso è assolutamente geniale, e le chitarre rassomigliano più a dei synth.
Il testo riguarda il conflitto interiore durante gli inevitabili cambiamenti nel corso della vita, il tutto ripreso con un taglio decadente.
La successiva Pyramid Song, forse il pezzo più pregiato dell'album, richiama l'ossessività di "Everything In Its Right Place" seppure con una tonalità minore, suoni meno robotici e un tempo saltellante su cui si inserisce una splendida batteria con le spazzole. Parla abbastanza chiaramente di un viaggio extra corporale, e dopo l'ingresso degli archi raggiunge vette espressive altissime senza perdere l'atmosfera evocativa.
Sempre continuando con il gioco delle associazioni, la successiva Pulk Pull Revolving Doors ricorda l'approccio di "Kid A": elettronica, voce passata per un vocoder e un testo che riflette la mania di Yorke per le porte. Certamente niente di epocale, considerando che è un pezzo di quasi sperimentazione sonora.
Una voce filtrata è presente anche in Who And Whose Army?: un pezzo minimale che è forse la più violenta invettiva politica mai uscita dalla penna del quintetto di Oxford. L'atmosfera è decisamente in contrasto con l'elettronica, ricordando un jazz oscuro e malinconico dai suoni caldi.
I Might Be Wrong è la più sincera canzone d'amore del gruppo: nascosto dietro un riff incalzante e un bel giro di basso si trova un testo molto sentito, pur sempre in stile Radiohead e quindi arricchito da immagini non proprio rassicuranti. Molto bella la variazione armonica del finale, che apre un'atmosfera quasi cupa, che contrasta molto con il testo, a tratti veramente delicato.
Le chitarre continuano a tornare protagoniste in Knives Out: un bellissimo riff accompagna una batteria molto soft e varie chiavi di letture di un testo molto bello. Si intravede il tormento per la fine di una relazione, ma anche la necessità del protagonista di "subire" quel tipo di relazioni che procurano spesso dispiaceri. Non spicca certa per dinamica questo pezzo, ma l'attenzione alle liriche la rende una canzoni assolutamente riuscita.
Se in "Kid A" è presente uno strumentale, lo stesso vale per "Amnesiac": le chitarre di Hunting Bears, passate da vari fuzz e rese molto dure sono un buon intermezzo, anche se non raggiunge i livelli dell'episodio "Treefingers". Altra curiosità: è presente una versione alternativa di Morning Bell, dai suoni decisamente più inquietanti e meno melodica della sorella presente nel disco precedente. Sicuramente meno riuscita ma non totalmente priva di fascino.
Spettacolare Like Spinning Plates: utilizzando la tecnica di rivoltare tracce già registrate si arriva a un pezzo dai suoni stratosferici e coinvolgenti, che sicuramente non avrebbe sfigurato nell'album precedente. Bellissima anche Dollars and Cents: chitarre ritmiche azzeccatissime, batteria al singhiozzo e arrangiamenti orchestrali disegnano atmosfere sospese, arricchite da un testo causticamente critico verso l'economia globale. Il pezzo è lungo e utilizza vari cambiamenti di dinamica per tenere viva l'attenzione sul testo. Molto bella e riuscita.
Anche qui è presente una sorpresa retro: Life In The Glasshouse descrive l'incubo del Grande Fratello di Orwell riportato nella nostra società, e lo fa con un jazz appassionato e fumoso, con un incedere che ricorda quello delle marce funebri. Perfetto come conclusione di un album del genere.
Impressione finale
L'impressione finale che si ha di Amnesiac, dopo un ascolto attento e dopo alcuni paragoni paralleli con l'album precedente, è quella di musica più sommessa ma di testi più attivi: probabilmente vi sono finite le canzoni più chiare e complete delle sessioni, o per lo meno le più coerenti fra di loro a livello lirico. Infatti compaiono molti testi decisamente impegnati e critici, anche esplicitamente, verso i poteri forti del mondo moderno.
Mentre la musica tende ad essere meno graffiante e innovativa rispetto a Kid A, i testi rappresentano un bel passo avanti per lo standard Radiohead sviluppato fino a quel momento. Personalmente gli preferisco Kid A, il quale regala momenti sonori e lirici veramente alti. In ogni caso rimane sicuramente un album assolutamente stupefacente, che guadagna decisamente dalla scelta di uscita separata: uscito insieme al precedente molte tracce sarebbero certamente scomparse e dimenticate.
Dopo la mancanza totale di B-Sides di Kid A ecco ricomparire curiosità sonore con i singoli di Amnesiac: da notare la sperimentazione sonora per The Amazing Sound Of Orgy, l'aspetto da colonna sonora degna di un film di Tarantino per Trans-Atlantic Drawl, le interessanti le sonorità di Worrywort e la melodia sognante di Fog, che ricomparirà, rimaneggiata, anche come B-Sides dei singoli di Hail To The Thief
(Continua)
Fulvio Ferretti
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