Decima puntata della rubrica che vede Daniele Bazzani e Giovanni Onofri parlare delle...
Questo tipo di atteggiamento del gruppo portò sulla strada sbagliata molti critici, che ancora prima dell'uscita già parlavano di Amnesiac come il vero successore di OK Computer, interpretando Kid A come un interessante esperimento. Ovviamente la musica li avrebbe smentiti da lì a poco.
In attesa del nuovo album
In ogni caso una volta stabilita l'uscita del disco per giugno 2001 i nostri si dedicarono ad altri progetti paralleli, chi musicali chi familiari.
L'unico impegno ufficiale fu quello di febbraio 2001, per ritirare il Grammy vinto da Kid A come miglior performance rock alternativa.
Il tour arriva e parte con un live speciale per la televisione francese Canal+ registrata il 28 aprile. Speciale sia come ambientazione che come risultato: è infatti di questo concerto la versione incredibile di How To Disappear Completely a cui accennavo prima. Da vedere assolutamente.
I concerti veri e proprio si svolgono in giro per il mondo tra la primavera e l'autunno 2001, con una tappa particolare proprio a Oxford, a pochi passi dai locali che dieci anni prima avevano ospitato l'inizio della storia gruppo. Altra tappa particolare a New York, al Liberty State Park e con palcoscenico la skyline di New York, proprio pochi giorni prima dell'Undici settembre.
Il gruppo, sempre con fare combattivo, aveva privilegiato location particolari, come nel tour di Kid A, e avevano riservato molti biglietti al fanclub o all'acquisto diretto sul sito ufficiale, continuando a togliere fette di mercato alle multinazionali come Ticketone.
Dal punto di vista puramente musicale i Radiohead diedero ulteriore dimostrazione di concretezza: tutto il materiale estratto dagli ultimi due album si sposava perfettamente con quello più vecchio, le canzoni s'innestavano sonicamente l'una nell'altra, gli apporti live degli strumenti non presenti nelle versioni da studio regalavano parti importanti negli arrangiamenti. I pezzi più sperimentali sarebbero spariti da lì a breve dalle scalette, ma non per problemi sonori o di arrangiamento, quanto per scelte artistiche del gruppo stesso.
A testimoniare questa solidità raggiunta dopo i travagli degli ultimi due anni esce un live.
I Might Be Wrong
I Might Be Wrong: Live Recordings è, a dire tutta la verità, un live molto anomalo. Più un EP che un album, contenente estratti solo degli ultimi due dischi.
E appunto per questo non un live nel senso di greatest hits trasversale, ma uno sguardo dal buco della serratura su un concerto del gruppo di Oxford.
Il disco contiene anche una chicca acustica inedita, una canzone risalente ai tempi di Ok Computer, spesso suonata dal vivo, ma mai uscita su dischi e singoli. True Love Waits, struggente dichiarazione d'amore, sembra, come scritto da Marc Randall "una canzone che piaceva ai Radiohead e che loro stessi sapevano amata dal pubblico per la quale, però, la band non è mai riuscita a trovare l'arrangiamento adatto, rinunciando alla fine e facendola uscire così com'è".
Il pezzo, pur suonando un po' scontato, ha un bel testo ma la voce di Yorke suona eccessivamente lamentosa, pur non lasciando indifferenti. Qui esiste un altro live, sempre del 2003, che rende una maggiore giustizia al pezzo, e un bootleg in cui delicati arpeggi di synth sottolineano un pezzo un po' minore ma di grande fascino.
Il suono di I Might Be Wrong è sintomo di un'ulteriore sviluppo della band. Certo meno traumatico rispetto ai precedenti, ma comunque degno di nota.
Visto lo sviluppo e l'incastro perfetto con i pezzi più vecchi che le canzoni, in particolare quelle elettroniche, avevano avuto dal vivo, perché non ritornare al metodo di lavorazione live, provando le canzoni durante un tour e poi verificandone la concretezza?
Live test: un particolare metodo di lavoro
Il primo supporter del ritorno a questo metodo di lavoro, giù usato agli inizi della carriera, fu proprio Nigel Goodrich, sfibrato e stressato dalla lavorazione infinita e, sotto certi punti vista, molto sofferta della coppia Kid A/Amnesiac.
Un modo di lavoro già bocciato da Yorke durante la lavorazione degli album fratelli e che all'inizio era stato di nuovo rigettato, salvo poi promuoverlo perché "sembrava stupido [decostruire e ricostruire il sound delle band] solo per il gusto di farlo" aggiungendo che sarebbe stato meglio "lasciare che le cose venissero da sole, senza forzarsi".
La nuova tattica si concretizzò nella produzione da parte di Yorke di tre cd di demo, poi sottoposti al gruppo, giudicati e selezionati, su cui poi si sarebbe lavorato insieme. I Radiohead registrarono ogni secondo di lavoro nella loro sala prove prima di partire per un tour europeo nel luglio 2002. In realtà un mini tour di due settimane e limitato a cinque città in Spagna e Portogallo, con più date in ogni città e tanti pezzi nuovi in ogni data.
Disse Yorke: "Se una canzone ci viene bene, non la suoniamo la sera dopo, non vogliamo annoiarci. Non è una bella notizia per il pubblico, ma cazzi vostri!". Il tour diede i risultati sperati: i pezzi nuovi, che mischiavano le atmosfere di Kid A con lo stile di scrittura di The Bends, vennero apprezzati dal pubblico e presero la forma voluta dal gruppo. I Radiohead erano pronti per la sala d'incisione. Anche qui si cambiava aria.
Il gruppo più nerd d'Inghilterra avrebbe registrato per due settimane nella glamour Los Angeles. Anche qui il suggerimento arrivò da Goodrich, per gli stessi motivi che avevano portato al cambiamento di modalità di scrittura dei pezzi. Le cose andarono incredibilmente bene. Due settimane che il gruppo definì poi divertenti e rilassanti.
I Radiohead fecero anche un po' di vita mondana e registrarono il nucleo portante del disco. Anche se le lavorazioni continuarono nel nebbioso e triste Oxford fino al 2003, le energie raccolte in quelle due settimane si sarebbero sentite nel disco. Per la prima volta nella loro storia i demoni delle registrazioni infinite e difficili non si fecero vivi, e i cinque inglesi riuscirono "a catturare la loro vera energia, che mancava dai tempi di The Bend". Un piccolo anticipo arrivò con una webcast durante le feste natalizie del 2002, più uno scambio di auguri che un live.
Finalmente nella primavera del 2003 il nome del disco fu ufficializzato come Hail To The Thief e avvenne un furto dei mix grezzi di tutte le 14 canzoni che sarebbero poi finite nel disco, non molto diverse dalle versioni ufficiali. Il gruppo non si scompose più di tanto e a giugno il disco uscì, vendendo bene e arrivando al primo posto delle classifiche di molti paesi.
Hail To The Thief
Hail To The Thief è un album anomalo nella discografia del quintetto. Non è solo l'unico realizzato in relativamente poco tempo e in un luogo non congeniale. E' anche stato l'unico che alla sua uscita ha causato una piccola polemica di carattere politico.
Il titolo sembra infatti relativo alle elezioni statunitensi vinte l'anno prima da George Bush con un piccolo scarto di voti sul rivale democratico Gore, voti ottenuti in quella Florida governata dal fratello del presidente uscente. Nonostante il gruppo abbia sempre smentito tutto, il sospetto che il titolo sia pungente e ironico sembra quasi certezza.
E' un disco che rimane molto scuro, anzi, sotto certi punti di vista potrebbe suonare pure il più alienato di tutta la produzione, quasi il più stanco.
Ogni traccia potrebbe essere aggregata a un album del passato senza sfigurare. Sembra quasi che i nostri oxoniensi abbiano guardato alla loro esperienza e abbiano fatto una specie di loro hitlist personale. Le liriche invece si dividono tra la critica sociale (a volte neanche tanto nascosta) e l'impatto emotivo e sociale dell'11 settembre e delle successive guerre occidentali. Anche su questo versante però è difficile rilevare un filo conduttore definito e univoco.
Non è un disco poco riuscito, forse è più giusto definirlo un po' confusionario e non troppo a fuoco, che risente della mancanza di un collante che nei vari altri dischi emerge più o meno evidentemente. Quanto le insolite modalità di registrazione abbiano influito non è dato sapere, così come è anche giusto rilevare che dopo Hail To The Thief il gruppo si è preso una lunga pausa dalle scene di 4 anni, forse proprio per riorganizzare le idee e trovare stimoli diversi.
Una piccola nota a margine: ogni canzone presente nel disco è accompagnata da un sottotitolo, aggiungendo chiavi di lettura ai già non immediati testi scritti da Yorke.
Come dicevo prima non si tratta di un disco non riuscito e infatti molte tracce sono decisamente forti: l'incipit con 2+2=5 sembra uscito direttamente da OK Computer, con il suo riff saltellante, le chitarre in primo piano e l'esplosione prima del ritornello che strizza l'occhiolino a Paranoid Android, per un rock che era molto tempo che non usciva dalle corde di Yorke (con sollievo dei fans di vecchia data, ancora sotto shock dopo l'uno-due elettronico del gruppo).
Il testo aggressivo, polemica sulla verità presunte inculcate dai poteri forti: forse anche qui si può trovare una chiave di lettura del titolo del disco e delle polemiche relative.
Neanche il tempo di assaporare le pennate distorte accompagnate dal Moog di Greenwood che ecco l'atmosfera ritorna rarefatta ed elettronica con Sit down. Stand up, raggiungendo presto un climax di piano e batteria elettronica molto simile alla techno, virando dalle parte di Idioteque e dintorni.
Il testo breve ma chiarissimo, sembra quasi incepparsi nella parte veloce, in cui Yorke ripete all'infinito le parole The Raindrop. Il testo è sulla falsariga del precedente, una critica agli stessi poteri forti. Decisamente riuscita e coinvolgente, spesso splendidamente resa dal vivo.
Il successivo Sail To The Moon è una delle eccezioni a cui accennavo sopra: la linea sonora è molto vicina a quello che poi sarà quattro anni più tardi, discostandosi dalla tendenza autocitazionista del disco. E' una ballata jazzata e notturna, basata su un riff di piano in tempi dispari, arricchita da una batteria delicata e con chitarre che svolgono un lavoro minimale ma che aumentano la carica onirica del brano.
Il testo è una dedica a quel qualcuno che salverà la situazione lì dove l'autore ha fallito, probabilmente il figlio stesso di Thom: non una canzone di speranza ma poco ci manca.
Backdrifts rientra tra i brani non molto ispirati: un testo su una generica situazione mentale senza via d'uscita nascosto da un pezzo di musica elettronica che rimanda alle atmosfere di Amnesiac, con profusione di loop, batterie elettroniche e sequencer. Diciamo che fatica a farsi notare, rischiando a tratti la noia.
Decisamente meglio la successiva Go To Sleep, dove le chitarre robotiche di Johnny Greenwood la fanno da padrone, tagliando a metà un pezzo dalle sonorità rock che ricorda alcuni episodi di OK Computer dedicato alle paure da globalizzazione.
Amnesiac viene richiamato dalla successiva Where I End And You Begin, brano moderato basato su una bella interazione tra batteria elettronica e acustica e dove torna prepotente l'Ondes Martenot di Greenwood e dove il groove è attraente e incalzante. Criptico come interpretazione il testo, a metà tra le paure catastrofiche del periodo elettronico e le tormentate storie personali di The Bends.
We Suck Young Blood ha un'amosfera notturna e solitaria, un battito ritmico lento e sottolineato da un inusuale battimani generale, la classica voce di Yorke al limite del lamentoso e un testo che richiama la sete di successo di alcuni impresari musicali: ancora reminiscenze dello shock post Creep. Curioso il break schizofrenico della canzone, che emerge come dinamica e come ritmo, e che in parte salva la composizione dall'anonimato.
Decisamente il contrario si deve dire di The Gloaming: pezzo elettronico che non prende, manca del fascino di Idioteque e non riesce ad essere concreto fino in fondo, con un testo eccessivamente ripetitivo di concetti già espressi meglio in altre canzoni del quintetto. Anche la sua posizione in scaletta non facilita le cose.
There There infatti è una delle perle del disco. Anche qui la qualità e semplicità di arrangiamento dimostrano una maturità che si è completata solo con l'album successivo. Un bel ritmo rock e una melodia orecchiabile unite a un beat coinvolgente ne hanno fatto il primo singolo del disco.
Bellissimo il testo, un canzone d'amore mascherata. I due chitarristi che dal vivo si improvvisano percussionisti forniscono un carica che è valore aggiunto al lavoro svolto in studio.
Totalmente diversa come suoni e approccio I Will quasi un abbozzo di canzone, solo chitarra e voce, riferita a una strage di civili durante la Guerra in Iraq, bellissimi i controcanti che impreziosiscono il cantato e che non fanno sentire la mancanza di altri strumenti.
Tra le cose al limite della noia c'è A Punchup At The Wedding: sonorità non certo ispirate, un testo che non sembra andare a parare da nessuna parte e arrangiamenti anonimi la fanno dimenticare presto.
Cosa che non accade alla successiva Myxomatosis: un'esplosione di fuzz e synth alla carta vetrata su una batteria campionata e cucita in tempi dispari, con la voce che sembra essere schiacciata, come tono e come espressività, dal muro sonoro creato dagli altri componenti della band. Molto interessante soprattutto come sviluppo ritmico.
Scatterbrain è sostenuta da delicati arpeggi e da delay quasi casuali sulla voce utilizzati quasi alla stregua di Synth. Canzone non memorabile che scompare se paragonata alla conclusiva A Wolf At The Door. Bellissimo pezzo che richiama la chiusura di The Bends, dotato di un ritornello che apre melodicamente la già bella strofa. Ottimi gli arpeggi chitarristici, ossessivo il cantato e gran lavoro della batteria per una chiusura azzeccata che dipinge scene scure ma aperte a tante interpretazioni.
Contemporaneamente ai tre singoli di supporto escono varie B-Sides e remix, tra cui i più interessanti sono I Am A Wicked Child che è quasi un blues, come intenzione, come testo e come suoni e Gagging Order, un brano acustico melodioso probabilmente uscito da qualche sessione unplugged.
Il Tour mondiale
Arrivato l'album ecco iniziare un lunghissimo tour: partendo a maggio dall'Europa e dai vari festival estivi, continuando con gli Stati Uniti, ritornando in Europa per finire nella primavera del 2004 con Australia e Giappone.
Il tour risultò poi essere uno dei più televisivamente documentati con registrazioni di alta qualità disponibili sul web: a New York a giugno per MTV, a Glanstonbury a fine giugno e al festival Les Eurockennes in Francia, senza tralasciare uno splendido acustico suonato da Johnny e Thom per la trasmissione francese Le Réservoir.
Decisamente degna di nota l'esibizione a Glanstobury, con esibizioni riuscitissime dei vari pezzi estratti da Kid A e una versione perfetta sotto tutti i punti di vista della vecchia Fake Plastic Trees.
Con l'uscita del disco e il tour arrivano puntuali anche i riconoscimenti dalle vendite e dalla critica: l'album venne accolto bene e le vendite raggiunsero i livelli di Kid A e Amnesiac, decisamente bene considerando che, per una volta, il disco era convenzionale e non aveva nulla di eccessivamente rivoluzionario.
Side Project
Durante e dopo il tour riprendono le attività personali dei vari componenti della band: a ottobre 2003 esce una colonna sonora scritta dal più giovane dei Greenwood, intitolato Bodysong.
Johnny insieme a Thom Yorke partecipa al Band Aid e collabora con i Sigur Ros. In Giappone esce anche un EP, Com Lag, contenente tutti i B-Sides di Heil To The Thief.
La conclusione del tour, al festival statunitense di Coachella, segna un'ulteriore aumento delle attività collaterali della band: Johnny e il batterista Phil Salway compaiono nel quarto film di Harry Potter (da buoni nerd, aggiungo io).
Thom appare sia da solo che in coppia con Greenwood Jr a vari mostre d'arte, concerti, eventi, spesso suonando nuovi pezzi acustici o nuove idee. Da varie dichiarazioni si scopre anche che il settimo album è già in lavorazione da alcuni mesi.
Alle varie uscite tappabuchi si aggiunge un DVD, The Most Gigantic Lying Mouth Of All Time, un montaggio di vari video girati da persone esterne alla band usando come colonna sonora le migliori hits del gruppo.
Intanto i Radiohead lavorano alle tracce del nuovo album, prima in solitudine e poi insieme al produttore Mark Stent. Anche se non verrà mai accreditato come produttore, ma solo ringraziato dalla band nel booklet del cd, è facile pensare che i cinque oxionensi abbiano voluto avere un parere e un aiuto esterno al solito gruppo di lavoro.
(Continua)
Fulvio Ferretti
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