Decima puntata della rubrica che vede Daniele Bazzani e Giovanni Onofri parlare delle...
Quasi a conferma di quanto già vi avevo raccontato qui (e come dubitarne…?), Max ha sfornato un’altra serie di pezzi mirabili per carica emotiva e coinvolgimento.
Non starò a ripetermi, sarebbe stucchevole e noioso e forse anche sgradevole, ma le dimensioni del Varini acustico sono ampie ed ariose, quasi indefinibili come soffici e soffuse le atmosfere che riesce ad evocare.
Grazie alla sua gentilezza abbiamo potuto ascoltare in anteprima i brani che compongono la seconda parte di Anacrusis e il feeling che crea mi costringerebbe a ripetere parola per parola quanto scritto nell’articolo precedente: ahi, quanta difficoltà per il vostro miserando recensore nel trovare parole nuove e non scontate, rincorrendo l’opportunità di farvi comprendere le caratteristiche di questo lavoro.
Abbiamo altri sette pezzi, una piccola collana di gemme diverse e difformi, che vanno guardate, annusate e gustate una per una con la mente libera da affanni e miserie.
La “vuota dentro” di Max (tanto per non tradire la nostra folcloristica passionaccia di incalliti “elettrofili”…) suona e risuona che è un piacere, ti guarda con occhi da gatto – liberi e selvatici quanto basta – e ti porta a spasso per le storie che racconta.
Queste allora le mie impressioni:
“Our lives” racconta la leggerezza di due vite parallele e – forse – distanti. C’è la malinconia di questa lontananza, perché l’amore non è mai facile ma lo spazio non è nulla se c’è anche solo un piccolo filo che ci unisce.
“In front of fireplace” è la ballata della memoria che si dipana tra le piccole lingue di fuoco di un camino. Passano immagini di individui, amarezze, amori, compagni, miserie e felicità. Però passano e vuol dire che sono pezzi di ieri, domani – quando arriverà – sarà forse più povero.
“Take a Walk” è una camminata in mezzo ai profumi della primavera. Ci sono cose nuove che aspettano, ogni anno è così ma oggi è forse la volta buona. Intanto camminare fa bene all’amore intorpidito che l’inverno ha costretto al sonno. Poi si vedrà, intanto è meglio andare.
“Riding a new guitar” è l’entusiasmo che ci prende con una delle nostre amate chitarre tra le mani. E ora che si fa, si esagera o meglio si fa qualcosa di semplice ed abituale. Mah, nel dubbio meglio divertirsi e farlo per bene.
“First train to home” è la voglia di casa e del suo calore, delle persone che ci aspettano almeno quanto noi aspettiamo loro. Il treno lo sa e ritma i nostri desideri con il suo incedere sincopato, va a strappi, e se rallenta ci prende alla gola perché sembra non arrivare mai. Ma sembra soltanto, c’è una stazione per tutti, sta a noi riconoscerla.
“A22” è una strada lunga che si srotola, dritta ed infinita. Qualche curva qua e là non ne modificano l’aspetto di massima, si viaggia veloci e sicuri verso la meta. Quale possa essere solo lui lo sa, a noi resta da ascoltare e basta.
“I wish” è una lettera di Natale. Ascoltami, quello che vorrei sta scritto proprio qui, è l’ultima canzone proprio per questo. Questa è la mia vita, questa è la mia passione, quello che faccio lo faccio in sintonia con lei. Se avrò del bene sarà perché me lo sono meritato.
Eccoci, anche questo pezzo di strada è fatto e – unendo “Anacrusis I” al “II” – abbiamo fatto un bel viaggio.
E’ stato un cammino in mezzo alle storie che il buon Max ci ha raccontato ed io – che alle storie ci credo – ho provato a raccontarvelo.
Non so se ho fatto un buon lavoro, non so se ho reso giustizia alla musica e al musicista (le chitarre fan da sé…), ognuno di voi – se vorrà – ci penserà ascoltando questo lavoro.
In ogni caso ne ho ricavato un piacere particolare e questo è segno che la musica vale e le mie orecchie sono ancora buone…
Ciao
Paolo
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