Decima puntata della rubrica che vede Daniele Bazzani e Giovanni Onofri parlare delle...
L'artista sta strimpellando il pezzo "It's the end of the world as we know it (and I feel fine)" dei R.E.M. ed ecco che esce un testo su quella base: un sarcastica e scanzonata risposta alla domanda "E se ti dicono che tra 48 ore il mondo finisce, tu che fai?". L'invettiva contenuta nel pezzo è fortemente critica verso i media, verso la loro superficialità. Ligabue vorrebbe fa uscire il pezzo subito, anche come singolo. La casa discografica vorrebbe un album intero. Si arriva a un compromesso, una sorta di EP che contiene oltre alla title track, varie cose rimaste fuori da altri dischi. Un specie di raccolta di B-Sides.
A Che Ora E' La Fine Del Mondo
Per la prima volta l'artista correggese fa uso di turnisti: Andrea Braido compare in "A Che Ora E' La Fine Del Mondo" mentre Lele Melotti suona la batteria in quasi tutti i pezzi. I ClanDestino compaiono ma più come turnisti che come gruppo.
Nel disco compaiono ben due versioni del pezzo "Gringo": la "'91" registrata con i ClanDestino e la "'94" con i turnisti.
Io preferisco di gran lunga la prima, dotata di un slide intrigante. "Fuoritempo" è una canzone che Ligabue avevo scritto per i Rats, che qui suonano come turnisti, e che esprime la sensazione di essere in ritardo sui tempi. Semplice ma efficace l'assolo.
Decisamente da notare "L'Han Detto Anche" Gli Stones: i Negrita al completo partecipano alla registrazione di questo che è una constatazione di come il rock non deve essere visto come medicina a tutti i mali, ma semplicemente come musica, senza prenderla troppo sul serio. Il testo è un omaggio al pezzo degli Stones.
"Male Non Farà" era un pezzo dato ai Timoria: qui compare con un arrangiamento quasi soul, con un Rhodes pronunciato e un assolo vocale femminile.
A completare il mazzo degli inediti c'è una ballata acustica che proprio non riesco a farmi piacere, "Cerca Nel Cuore". Mi sembra troppo costruita e ruffiana. Per far numero ecco comparire il primo pezzo live, una "Urlando Contro Il Cielo" praticamente uguale al disco ma arricchita da un intro di piano. Anche a questa preferisco la versione live che uscirà anni dopo e registrata a San Siro.
In questo disco (o mezzo disco) Ligabue cerca nuove strade e sembra quasi voler chiudere, sia come suoni che come testi, il periodo ClanDestino.
E' un disco definito di "schegge sparse" e certamente, al di là forse di "A Che Ora E' La Fine Del Mondo", non contiene grandi pezzi. Di sicuro all'epoca diede una botta di ottimismo alla casa discografica e all'artista stesso, un aiuto dopo il periodo nero di "Sopravvissuti E Sopravviventi".
Il resto del '94 passa nella ricerca di un nuovo gruppo di musicisti che possano condividere con Ligabue la registrazione del nuovo disco.
Il nostro non vuole turnisti, ma gente "senza troppe velleità tecniche ma con una grande passione". Passano i provini e alla fine ecco composta la cosidetta "Banda": due chitarre, Federico Poggipollini e Mel Previte, basso e batteria, rispettivamente Antonio Righetti e Roberto Pellati.
Si entra in studio nella primavera del '95 e a supervisionare il tutto c'è Fabrizio Barbacci, che coprodurrà l'album insieme allo stesso Ligabue.
Buon Compleanno Elvis
Per me "Buon Compleanno Elvis" è un disco strano: è certamente l'album che ha segnato l'affermazione commerciale e musicale di Ligabue. E' anche un album di cambiamento sonoro, ma non solo. Da questo momento in poi le storie non saranno più protagoniste centrali dei suoi testi, o per lo meno esse perdono di quella forza emotiva presente nelle produzioni precedenti.
Di contro però la scrittura dei testi diventa più fine e ricercata e le immagini create dalle canzoni diventano più suggestive e meno naif.Il disco , inizialmente interpretato come un tributo ad Elvis, è invece un insieme di canzoni che esprimono, nel bene o nel male, che cosa vuol dire fare quel mestiere. Ben lontano dall'idea da un concept album, ma con un filo conduttore che trapassa le canzoni principali dell'album.
Si trova in questo dusco la canzone più celebre del rocker: quella "Certe Notti" che sembra essere un po' la somma di "Bar Mario", di "Sogni Di Rock'N'Roll" ma anche di "Urlando Contro Il Cielo". Una canzone che nonostante tutto riesce ancora a regalarmi emozioni, grazie al richiamo a quel mondo che tanto ha contato negli album precedenti. Ma soprattutto grazie a una atmosfera unica.
I suoni: classici, crunch che non sconfinano mai nei distorti alla Cottafavi, praticamente dry fatta eccezzione per qualche delay e il tremolo.
Anche la batteria risulta più essenziale, con meno passaggi sui tamburi. Le tastiere sono quasi sparite, fanno capolino solo spruzzate di hammond qua e là.
Tra le cose venute bene ci sono "Vivo O Morto X", apprezzabile nel testo e con buoni spunti chitarristici, ma anche la title track, descrizione di un viaggio metaforico all'interno del rock, dotata di un riff semplice quanto efficace. Grandissimo il testo di "Hai un momento Dio?", preghiera quasi "pagana" arricchita da un arrangiamento efficace quanto poco invadente.
"La Forza Della Banda" così come "I Ragazzi Sono In Giro" sono due pezzi che trattano lo stesso tema: l'orgoglio della non omologazione, ai canoni e ai miti della mitologia musicale il primo, alla catalogazione mediatica il secondo. Sono entrambi pezzi rock, che tanto pescano dalla tradizione americana, senza però apparire banali o scontanti. Come ho detto prima, le storie ci sono ancora anche se meno efficaci di prima.
"Un Figlio Di Nome Elvis" è pressochè sconosciuta anche se le immagini evocate dal testo sono efficaci, così come buono è l'arrangiamento generale. "Il Cielo E' Vuoto O Il Cielo E' Pieno" è si un racconto di due vite differenti, ma l'autore mette tanto di suo e di autobiografico, sfiorando le tematiche trattate in "Hai Un Momento Dio?": quindi personaggi come mezzo per esprimere altro e non protagonisti principali. Presente un sigolare scherzo di studio: un blues suonato in acustico con accompagnamento di gracidare di rane.
Tra le cose che alle mio orecchie suonano peggio ci sono "Viva!" e "Quella Che Non Sei". La prima è una canzone d'amore e io ci sento un po' di ruffianeria. Probabilmente solo una impressione sbagliata, ma qui ci trovo un po' i semi di altre produzione successive forse eccessivamente pop, oppure semplicemente meno sentite e vissute. Peccato perchè l'arrangiamento è ben costruito giocando su un riff basate su quarte. "Quella Che Non Sei" la sento invece molto distaccata, un testo che non riesce a catturare la mia attenzione. Non so, sempre impressioni personali.
Ma ci sono anche tre pietre miliari: "Seduto In Riva Al Fosso" è secondo me il prototipo di ballata rock italiana, con i suoi piani e forti, gli assoli non pirotecnici ma espressivi e ben suonati, il crescendo finale e un testo che richiama la terra emiliana in maniera affettuosa.
"Non Dovete Badare Al Cantante" contiene un testo autocritico verso la categoria, ma anche un hammond cullante e vibrante, e chitarre acustiche a farla da padrone. Una ballata dolce che probabilmente è la più riuscita di tutta la sua produzione.
La conclusione con "Leggero" è perfetta: un pezzo chitarra e voce che esplode sul finale quasi a voler celebrare il raggiungimento di un obiettivo. Un tributo allo stato in cui tutto ciò che conta è sentirsi bene, "con il vestito megliore ed in bocca una canzone". Un quadro delicato in cui compaiono i vari personaggi del disco e del suo mondo, in cui si sente la spontaneità che forse in questo album inizia, a tratti, a mancare.
Su E Giù Da Un Palco
A "Buon Compleanno Elvis!" segue un tour durato praticamente due anni, in cui per la prima volta Ligabue suona negli stadi. Per festeggiare esce il live "Su E Giù Da Un Palco", che contiene tre inediti, che come stile, suono e testi potrebbero essere inseriti nello stesso Buon Compleanno.
"Tra Palco E Realtà" affronta di nuovo la tematica del mestiere del musicista, con tutte le sue domande e inquietudini, mentre "Ultimo Tango a Menphis" coverizza un pezzo di Elvis. Entrambe però sono quasi trascurabili se confrontate con "Il Giorno Di Dolore Che uno Ha": si potrebbe cosiderare una continuazione di "Ho Messo Via".
Un languida chitarra con tremolo fa da sfondo a un testo delicato sulle sofferenze della vita. I soli, mai fuori dalle righe, arricchiscono un pezzo sofferto e sentito.
Nel live da sottolineare due pezzi in particolare: una "Ho Messo Via" in versione molto più tradizionale ma di grande impatto, e "Urlando Contro Il Cielo" arricchita da un intro semplice ed efficace e da una energia contagiosa. Il cameo di Mick Taylor in "Hai Un Momento Dio?" completa le belle sorprese contenute in questo album.
Quasi tutti i pezzi del periodo ClanDestino vengono riarrangiati e c'è da dire che il lavoro svolto è decisamente buono, tanto da non sentire la mancanza di tastiere.
Insomma Ligabue è nel suo periodo di successo maggiore, quasi idolatrato dal pubblico e sempre ben accolto dalla critica.
Il rocker di Correggio intanto scrive un libro di racconti brevi ed a fine '98 fa uscire "Radiofreccia", opera prima cinematografica, e relativa colonna sonora. Sempre parlando della colonna sonora: bellissimo lo strumentale iniziale, si sposa benissimo con le immagini d'ingresso del film.
Discorso diverso per "Ho Perso Le Parole": ecco ancora che ricompaiono i semi eccessivamente pop di cui parlavo sopra. Sembra quasi che il nostro scriva in maniera poco spontanea e diretta. Dalla stessa registrazione esce una sensazione strana, quasi distaccata.
Cosa che invece non è per "Metti In Circolo Il Tuo Amore", ballata riuscita anche se non memorabile, seppur decisamente migliore del singolo selezionato per trainare la colonna sonora. Sembra quasi di avvertire una stanchezza di fondo, non una minor ispirazione, ma una minor capacità di trasmettere direttamente le emozioni.
Miss Mondo '99
Il periodo buono comunque continua, e nel '99 esce "Miss Mondo '99", poi meglio noto semplicemente come "Miss Mondo". Il gruppo non è cambiato più di tanto, si è aggiunto solo Fabrizio Simoncioni, tecnico del suono e tastierista. La produzione stavolta è curata da Ligabue assistito da Simoncioni.
Questo disco sembra spazzare via i timori balenati dall'ascolto di Ho Perso Le Parole: è un disco diverso dai precedenti, è evidente uno sforzo di ricerca sui suoni ma anche sulle parole e sugli arrangiamenti.
Le chitarre spesso vengono filtrate e trattate, ma sempre con un'intenzione di arricchimento e non di stravolgimento. Il nostro ha svolto lo stesso lavoro che aveva fatto con Sopravvissuti e Sopravviventi, ma stavolta il risultato, forse anche influenzato dai diversi musicisti impegnati, è più levigato, più lucente, meno duro ma sotto molti aspetti più raffinato.
Il singolo di lancio, "Una Vita Da Mediano", è forse anche troppo classico, e nasconde un po' altri pezzi decisamente più meritevoli. E' una canzone autobiografica, sul lavoro necessario nella vita.
La partenza regala un pezzo rock moderato, scritto sulla constatazione che la vita è sempre un grande giro di giostra. "Si Viene E Si Va" regala suoni solari e anche un solo tagliato a metà da un E-Bow. Se si vuole fare un paragone questo sound è molto più britannico rispetto all'"americano" Buon Compleanno Elvis.
"Da Adesso In Poi" è una ninna nanna, una dedica al figlio che rischia di essere eccessivamente melensa ma che si salva per un testo curato e per un arrangiamento essenziale ed efficace.
"Forse Mi Trovo", ballata d'amore si salva anch'essa per le belle immagini del testo ma anche per un bell'intreccio di chitarra: qui Poggipollini e Previte hanno lavorato di fino e si sente. Molto bello il synth che compare nell'intro.
Poi c'è "L'Odore Del Sesso", un pezzo rock diretto con un solo bagnato da flanger e testo azzeccato: peccato per l'ululato finale veramente pacchiano.
La title track possiede un bel riff iniziale arpeggiato e una riflessione che condanna le mode facili ed effimere: curioso l'intro di batteria, riverberata tanto da farla sembrare filtrata.
Anche qui non mancano le storie: "Kay E' Stata Qui" racconta di una ragazza persa in se stessa. Qui ricompare la tromaba di Demo Morselli, mentre archi e fiati vengono usati per accrescere la carica drammatica del finale. Piccola nota: tuti gli archi e i fiati utilizzati in questo disco, evidenti qui ma anche nel singolo "Una Vita Da Mediano" sono stati registrati ai prestigiosi Abbey Road Studios.
Molto onirico il finale: "La Porta Dei Sogni" regala chitarre hawaiane e una atmosfera casalinga lavorata ma spontanea, per nulla contraffatta.
Il meglio del disco però è costituito da una serie di quattro canzoni che, da sole, credo potrebbero reggere l'album intero: la serie che inizia da "Uno Dei Tanti" e termina con "Baby, E' Un Mondo Super". "Uno Dei Tanti" appunto: inizio acustico e a seguire chitarre elettriche arpeggiate.
Il testo è la prosecuzione del filone di Tra Palco E Realtà, questa volta la dichiarazione, l'orgoglio di essere una persona normale tra tanti, non l'immagine che molti vedono di lui. Un bel solo classico e un arrangiamento basato sulle chitarre arricchiscono il testo. Quasi da manuale.
A seguire un'altra ballata, più sofferta: "Almeno Credo" rispecchia la semplicità del rapporto che deve esistere con una fede, non necessariamente religiosa, così come con la necessità di avere sogni e speranze. Molto riuscita la dinamica, bello il ponte, che nonostante il cambio armonico, non rompe con l'atmosfera del pezzo. Qui si risente un Ligabue appassionato, che ha successo nell'intento di trasmetterti le emozioni.
Poi un piccolo capolavoro: "E". A Ligabue riescono le descrizioni, le foto musicali. "E" è una di queste. E' una "Sogni di Rock'N'Roll" da persona matura, un occhio in disparte che vede la notte emiliana in un certo modo ma che ci tiene a dire che, nonostante tutto, c'è ancora, nascosto da qualche parte.
L'arrangiamento è perfetto, il riff iniziale di basso anche, i syth compaiono ma per dare la giusta dinamica al pezzo, un duetto finale tra chitarra e sax porta alla fine del brano. Al termine del quartetto c'è una sorpresa: "Baby E' Un Mondo Super" è un rock di difficile catalogazione, con un testo ironico e sarcastico sulle stramberie alienanti della vita moderna. Le chitarre e i syth lavorano su una base di basso essenziale mentre la canzone si impenna sonoramente su un ritornello orecchiabile e godibile.
Tra le cose molto riuscite c'è però anche "Sulla Mia Strada", che forse è il pezzo rock più bello scritto dal nostro negli ultimi anni. Un buon arrangiamento nasconde una energia e spontaneità che molto difficilmente si troverà più avanti nella carriera del rocker emiliano, mentre il testo fa coppia con quello di "Uno Dei Tanti" come significato. A fare da intro a questo pezzo un siparietto di chitarra acustica con un titolo che risulta essere più lungo del pezzo stesso: "Qualcuno Ha Visto Per Caso Il Mio Cane Blu Monoelettrico?".
"Miss Mondo" è, secondo me, un album che sotto molti aspetti è molto superiore a "Buon Compleanno Elvis": ha una maturità nei testi e nei suoni che non scade mai nel mestiere o nello scontato. Sempre secondo me dopo questo album lo stesso Ligabue ha perso parte di quella immediatezza che lo contraddistinguevano, oppure e molto più semplicemente il nostro ha subito un'altra evoluzione musicale andando a scrivere e a cantare pop, producendo pezzi fruibili ma di poco impatto nelle menti e nei cuori di cui coloro che, nel corso degli anni, si erano abituati a un certo tipo di produzione musicale.
Come sempre, semplice questione di gusti. Dopo Miss Mondo 99 l'artista emiliano si prende una lunga pausa, la più lunga dall'inizio della sua carriera. D'altra parte nel giro di nove anni ha fatto uscire sei album da studio, uno dal vivo e una colonna sonora e dichiara di prendersi una pausa di almeno due anni. Il nostro ha bisogno di ricaricare le batterie dopo quasi dieci anni non stop. Il millennio nuovo è alle porte e chissà che cosa porterà.
In fondo nuovo millennio e nuovi progetti.
Fulvio
FerroFe
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