La Bossanova ha compiuto 50 anni

Scritto da Redazione il 05/Sep/2009 alle 09:50

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Anteprima

Dunque, cominciamo ad andare a cercare il suo nome in un dizionario di portoghese. Bossa Nova non esiste, bossa significa bernoccolo, bozzo, ma anche attitudine, inclinazione. Già, siamo in Brasile negli anni sessanta, quando qualcuno faceva qualcosa di diverso e di originale si diceva che aveva "bossa", in opposizione a tutto ciò che si considerava superato, vecchio, fuori tempo.

Sembra che questo nome sia stato inventato da una oscura segretaria del collegio Israelita Brasiliano di Rio de Janeiro, quando un gruppo di giovani studenti, intorno al 1958, aveva organizzato un concerto di questa nuova musica: su una lavagna aveva scritto che quella sera si sarebbero esibiti “quelli della bossa nova”, un nome generico, forse un po’ ironico, attribuito ai suonatori dal nuovo bernoccolo. Ma facciamo un passo indietro.

Come nasce la Bossa Nova?

Verso la fine degli anni ’50 arrivò sulla gioventù brasiliana l’influenza americana del Rock and Roll  alla Elvis Presley, per intenderci, ma fu presto evidente che il simbolo musicale di un’America ricca e lontana era del tutto inadeguata ai ragazzi che correvano dietro a un pallone sulla sabbia di Copacabana.

E’ vero, si formarono dei gruppi di rock brasiliano (definiti Brock) che duravano una estate, ma il loro modo di suonare, di vestirsi, di masticare la gomma era lontana anni luce dal comportamento della gioventù  brasiliana. Anzi quelli che in qualche modo adottavano lo stile americano rocchettaro venivano esclusi e isolati e visti come dei personaggi un po’ tagliati fuori dalla realtà.

Nonostante quello che sosteneva la dittatura filoamericana dell’epoca “Ciò che è buono per gli Stati Uniti è buono per il Brasile” si andava diffondendo una reazione giovanile che non poteva certo adottare la musica e l’immagine del ragazzo americano come colonna sonora della propria ribellione generazionale. Era logico che nascesse qualcosa di diverso, di mai sentito prima, qualcosa che rispecchiasse la voglia di musica e di novità della nuova generazione.

 Fu così che accadde il miracolo. In un periodo di tempo relativamente breve, pochi anni, una grande concentrazione di energia, di creatività, di fantasia e di poesia fiorì nelle città brasiliane, in particolare a Rio de Janeiro, e una serie di nomi che avrebbero segnato la storia della musica si affacciò alla ribalta: Tom Jobim, Vinicius de Moraes, João Gilberto, Ronaldo Boscoli, Carlos Lyra, Nara Leão, Newton Mendonça, Baden Powell, Roberto  Menescal…

 

In principio era il samba.

Il Samba era l’espressione più genuina della musicalità popolare brasiliana, la musica che accompagnava (e tuttora lo fa) le “escolas de samba” durante il Carnevale, musica basata sul ritmo delle “baterias”, gruppi infiniti di percussioni dirette da grandissimi maestri (“mestres”) e di ispirazione spesso legata a temi di denuncia sociale (Sambas do morro).

Dal samba si staccò, nel vero senso della parola, una forma musicale più adatta all’esecuzione di “canzoni”, il cosiddetto samba-canção, che permetteva una esecuzione più lenta e meno rumorosa del samba, e di cui furono simboli Dick Farney e Dorival Caymmi. Voci queste che facevano una imitazione dei crooners americani (Frank Sinatra, Bing Crosby) senza tuttavia incidere più di tanto in questa evoluzione musicale.

Ma l’onda di rinnovamento era alle porte, onda che avrebbe creato una meravigliosa sintesi tra la tradizione del samba, l’influenza del jazz americano e l’esigenza sociale del nuovo. La nascita e la formazione di musicisti estremamente preparati e sensibili e di poeti straordinari fece il resto.

 

Finalmente  Bossanova!

L’incontro di Antonio Carlos Jobim (Tom) con Vinicius de Moraes segnò la svolta musicale e letteraria, l’arrivo di João Gilberto a Rio de Janeiro ne definì la cadenza.
Si erano come per incanto realizzati i tre stilemi della Bossanova, i tre caratteri distintivi:
-A armonia, con una sequenza di accordi derivati dal jazz, mai banali, con una caratterizzazione  incentrata sulle alterazioni di 6/9 maggiore ,
-As letras, il testo, che in tutte le composizioni di Bossanova non si occupa di grandi temi sociali o politici, ma fa delle piccole cose e dei sentimenti (per Caetano Veloso  “della banalità quotidiana”) elementi di assoluta poesia,
-O balanço, il ritmo, traduzione imprecisa la mia, è quella cadenza che rende identificabile il genere ai primi istanti di ascolto.

Vorrei spendere qualche parola in più sul balanço perché questa è stata la vera rivoluzione attuata da João Gilberto, insieme al modo di cantare baixinho, cioè quasi silenzioso, di cui tratteremo in un secondo momento.

Dunque il “balanço”.  João Gilberto intuì che poteva condensare e perfezionare il ritmo del samba usando la sola chitarra, con un movimento alternato di pollice (sui bassi) e di dita (sull’accordo): si sostituiva, con le note di “bordão” (cioè i bassi), la funzione che nel samba era affidata al “surdo” (il tamburo più basso) e  si creavano diverse figure ritmiche in quattro quarti con spostamento degli accenti. La chitarra veniva ad acquistare quel ruolo di protagonista che non aveva nel samba, diventava lo strumento del nuovo modo, della Bossanova.

 

 

Una sera Tom Jobim chiese a João Gilberto dove avesse trovato quel ritmo così diverso, così unico, dove si fosse ispirato. E João rispose : "dal movimento del sedere delle lavandaie  di Juazeiro, Tom!"  Risposta bizzarra, enigmatica, ma estremamente seria! In effetti quelle grandi donne negre che nello stato di Bahia andavano al fiume a lavare i panni con i cesti di biancheria sulle teste avevano un  modo di camminare paragonabile a una danza, con un bilanciamento del posteriore quasi assoluto.

João aveva guardato, spiato, studiato la camminata di quelle donne, ne aveva ripetuto mentalmente la cadenza fino a farne una danza e successivamente aveva creato la rappresentazione visiva di tutto ciò con un intreccio di accordi che avrebbe cambiato la grammatica, le regole, gli atteggiamenti della musica brasiliana.

L’altra innovazione che portò João Gilberto fu il modo di cantare “baixinho” (silenzioso) cioè quasi sottovoce: la melodia non sovrastava l’armonia globale del brano, anzi si fondeva con essa e rotolava. Non più virtuosismi di canto, interpretazione melodrammatica, enfasi, voce in primo piano, al contrario la voce era un sottofondo quasi discorsivo, senza il bisogno di rime al finale di battuta, dolce, melodioso come poteva essere il canto di Billie  Holliday o la tromba di Chet Baker nel jazz.

Erano gli anni 60, un momento di grande creatività che è stato colto e sviluppato in un modo straordinario, e che soprattutto non ha avuto un successo limitato, anzi.

Nei miei frequenti viaggi in Brasile alla ricerca delle origini di questa musica ho assistito a una situazione estremamente frequente e proprio per questo incredibile: in nessun’altra parte del mondo ho ascoltato decine di migliaia di persone che in uno stadio cantano all’unisono melodie e testi tanto complessi quanto appartenenti a una generazione trascorsa! Tutti conoscono a memoria i brani della Bossanova, dalla prima all’ultima parola, brani complessi come Desafinado, Corcovado, Chega de Saudade, Insensatez, Agua de Beber …

 

 E’ ora di riascoltare.

Mi rendo perfettamente conto che quando incomincio a parlare di Bossanova perdo la percezione del tempo e dello spazio, soprattutto di chi mi ascolta o mi legge. E’ il momento di riascoltare questa musica che, come dice Toquinho, “non ha tempo né età”. 

Se avete trovato interessante questo mio articolo, venite a trovarmi anche nel sito www.obrigado.it   dove sono presente insieme al mio gruppo “Obrigado!”,  e dove potrete trovare qualche consiglio di ascolto, recensioni di CD e di libri sull’argomento e anche un mio lavoro di traduzione dal portoghese/brasiliano di oltre cinquanta testi fondamentali di Bossanova.

Mi congedo con una frase di Vinicius de Moraes che ho sempre amato e che vi esorto a tenere nel cuore: “A vida è arte do incontro”.
Un abbraccio a tutti i lettori.

Francesco Bonomo

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