The Jimi Hendrix Experience - Electric Ladyland

Scritto da ZosoSuperStar il 28/Jul/2008 alle 01:55

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Sono venuto al mondo otto anni dopo, uno degli ultimi figli degli anni settanta, legato a quei tempi ed a quei suoni da un qualcosa di inspiegabile, come inspiegabile fu il motivo per cui un giorno, nel mio negozio di dischi di fiducia, rovistando tra gli scaffali “Rock”, mi ritrovai in cassa a pagare un disco a me sconosciuto fino a qualche minuto prima, come se il disco prima di me, avesse deciso di essere acquistato.
Solito rito di primo ascolto, anche se ora ho un impianto notevolmente migliore di un tempo, quindi procedo con l’apertura del disco, luce soffusa per leggere le note di copertina e per avere atmosfera e….Play!
 

And the Gods Made Love  “E gli Dei hanno fatto l’amore”

Prima traccia, qualcosa di mai sentito, una traccia di un minuto e diciassette secondi che non contiene musica, ma un mondo di sonorità che danno l’esatta idea del titolo e che fanno presagire che i pezzi seguenti saranno certamente diversi dal solito, certamente stupendi.

Have You Ever Been (To Electric Ladyland)

La canzone è soft, quasi romantica, con la classica effettistica Hendrixiana, nella quale la voce di Jimi, che spesso e volentieri risulta sgraziata, acquisisce un tocco tipico di chi preferisce esprimersi con la musica piuttosto che con le parole.
Sfuma in chiusura, aiutata dai cori ottenuti probabilmente con la sovraincisione dello stesso Hendrix e l’ausilio di altri musicisti, mai invadenti o dominanti, una piccola perla nel vasto mare del Blues e del Rock, un gioiello che merita un posto in cassaforte, non ho dubbi.

Crosstown Traffic

Ecco Hendrix, ecco Gli Experience, ecco il motivo, o uno dei motivi per cui Hendrix sarà sempre una leggenda.
Parte un riff completo di batteria, basso, voce e chitarra, parte un pezzo destinato a far muovere chi lo ascolta, un pezzo che distribuisce i volumi, la metrica ed il ritmo uniformemente, lasciando intendere quando è il momento di ascoltare, quando è quello di muoversi, quando è quello di capire, stacchi misto progressive, rientri corali e tutto quello che la Leggenda c’ha abituati a sentire, senza mai essere monotono, senza mai far dire “niente male… però…”

Voodoo Chile

Su Voodoo Chile non basta scrivere le impressioni, non serve a niente dire che si prova nel sentire per la prima volta nella vita questa canzone.
Tecnicamente è un bel pezzo, con una bella intro, un grosso groove ed un organo magistralmente suonato da un certo Steve Winwood, ma basta? Può bastare secondo voi?
Chi ha il pallino per la musica, soprattutto per la chitarra, ha un rapporto con Voodoo Chile che non si riesce a descrivere. Il pezzo sta lì, è alla portata di tutti, tutti possono acquistarlo e sentirlo, ma non è così.

Ogni chitarrista vede in Voodoo Chile qualcosa di proprio, qualcosa di suo, che non è uguale nemmeno allo stesso identico pezzo messo dentro lo stesso identico disco del tuo migliore amico, perché quello, appartiene ad un'altra persona.
Per chi suona la chitarra, gli elementi che costituiscono la vita non sono quattro, ma bensì cinque. Aria, Acqua, Terra, Fuoco e Voodoo Chile!

Suonare il riff di Voodoo Chile è sentirsi padroni del posto in cui ti trovi in quel momento, che sia la tua cameretta, che sia il palco di WoodStock o un mattatoio, in quel momento si è discendenti diretti della più grande Leggenda Rock mai esistita, la chitarra è uno scettro e le note, sudditi impotenti davanti quelle sequenze sature di Wha Wha, che nessun altro imperatore delle sei corde avrebbe potuto far diventare così indispensabile come ha fatto Hendrix nella sua carriera.
Voodoo Chile raccoglie un mondo diverso da persona a persona, unico da persona a persona, quindi l’unica cosa che si possa dire su questa canzone è di Ascoltarla e di non dare retta a nessun essere che cerca di descriverla, perché non è un colore, perché in questo caso, quello che per alcuni è verde per altri è rosso!

Little Miss Strange

Il pezzo precedente, in quanto “evento”, in quanto “mondo a se stante”, non eclissa gli altri brani, come ad esempio Little Miss Strange pezzo molto divertente dall’inizio alla fine, quando il tempo chiude addirittura in tre quarti come un walzer. Noel Redding fa la sua parte e permette alle chitarre, con sonorità opposte, di stuzzicarsi, sembra quasi che giochino assieme senza mai coprirsi o darsi fastidio.
Anche qua il Wha è Re incontrastato, mantenedo l’impronta distinguibile del classico stile Hendrix Experience che tanto piace agli amanti del genere.

Come On (Let the Good Times Roll)

È grazie a gente come questa che si tramanda la grande musica. Come On è una cover ben riuscita di un pezzo di Earl King, Bluesman di New Orleans nato nel febbraio del 1934. Il pezzo è un classico Blues tanto semplice quanto efficace, con un Hendrix in forma sui vari soli effettuati durante la splendida traccia che inizia con un incalzante riff di chitarra e batteria, quasi come una marcia e prosegue lasciando immediatamente spazio alla sola voce del cantante…..“People talkin' but they just don't know….”

Gypsy Eyes

Cassa e charleston sembrano un metronomo, due quarti per quasi dieci secondi e poi entra lui, disinvolto svisa sulle corde della sua Stratocaster distorta ma non acida. Hendrix, qualsiasi cosa faccia, lo fa con una disinvoltura disarmante e questo non si può fare a meno di notarlo, perché nelle sue incursioni, se pur distorte è sempre preciso ed efficace.
Uno dei suoi punti di forza a mio modo di vedere e soprattutto di sentire, è che Hendrix sa quello che vuole e lo riesce a mettere tanto in note, quanto in suoni. La ricercatezza dei suoi effetti è tanto straordinaria, quanto sono straordinarie le metriche e le melodie delle sue canzoni. Gypsy Eyes rapisce, si lascia amare come se questa Gitana ce l’avessi veramente davanti e la guardassi negli occhi.

Burning of the Midnight Lamp

Questo piccolo gioiello l’ho messo e rimesso per svariati mesi, quasi a consumare il Compact che la conteneva.
Introduzione straordinaria! Il Wha, accompagna una sequenza di note simili ad una ninnananna che vengono supportate solo dal basso durante la prima ripetizione, per poi aprire a tutti gli strumenti quello che l’immaginazione descrive come un enorme cancello di una fortezza composto da suoni, che però non si dimostrano affatto invadenti e lasciano, nonostante tutto, quella splendida idea di ninnananna che ha nel momento in cui tutto ha inizio.
Una piccola curiosità che riguarda questa canzone è la chitarra usata da Jimi. Una Gibson Flying V bianca e nera.

Rainy Day, Dream Away

In questo caso possiamo parlare di contaminazione. Jazz e Blues si mescolano, come si mescolano il Sax, la Chitarra, l’Organo e la voce di Hendrix.
E’ un pezzo che sembra più un esperimento, forse il puro divertimento di una Jam con musicisti più che validi, a conti fatti il sogno di chi come me, si sente una Rock Star anche se poi è commesso in un negozio! Un bellissimo momento di musica che esce dai classici canoni ai quali siamo abituati ma che non potrebbe essere più bello di come è.

1983... (A Merman I Should Turn to Be)

Ballata dalle atmosfere psichedeliche, dalla sonorità pura e casta per tutta la sua durata. La straordinaria melodia introduttiva, viene ripetuta in degli intermezzi che consacrano la concezione idilliaca del tutto.
Anche in questo caso gli strumenti e la voce danno vita a capriole e fluttuazioni che si creano nella mente di chi ascolta, aiutate soprattutto nel finale, con i tipici suoni psichedelici, che in questo determinato contesto non sono altro che la quadratura del cerchio, la perfetta chiusura di un brano perfetto.

Moon, Turn the Tides...Gently Gently Away

Moon, Turn....inizia dove finisce 1983. il richiamo resta psichedelico, quasi orientaleggiante, con una chitarra che si lascia andare in legati brevi e veloci, che spesso si fanno scambiare per suoni emessi da un Sitar.
Il brano è lungo, ma arriva alla sua conclusione tramite un intenso crescendo di atmosfere e ritmi che si imbizzarriscono e che si chetano, come probabilmente lo spirito di chi il brano l’ha suonato.

Calma, flauto, basso che gioca, poi intensità, distorsioni, rullante, piatti e tutto riparte sembrando una cosa completamente diversa, come le molteplici personalità dell’autore, che infatti, ad un certo punto si lancia in un solo da concerto in piena regola.
Spunta di nuovo il motivo di 1983 e tutto riprende quelle sembianze psichedeliche che vanno e vengono. Questo brano va certamente ascoltato, ma quello che consiglio sinceramente, è di condividerlo.

Still Raining, Still Dreaming

Anche qua non manca il tocco del Cry Baby, che sembra quasi parlare nei primi secondi di introduzione. Blues come sempre semplice, ma alla stessa maniera complicato. Hammond e Stratocaster…..che chiedere di più? 4 minuti e 24 secondi di ottima musica.

House Burning Down

Torniamo al rock più sostenuto. Introduzione moderatamente aggressiva, ma poi si va, sia lascia che la musica faccia il suo corso e se serve, si può anche far diventare Rock un Tango.
La grande abilità di questi eterni Geniacci della musica sta proprio qua, sta nel fatto che sono capaci di mischiare e suonare generi opposti per natura, senza far nemmeno capire quando è il momento di passare da un tempo all’altro. Si può solo ascoltare sbalorditi, anche se poi alla fine il disco lo si conosce a memoria!

All Along The Watchtower

Robert Zimmerman sembra quasi un nome nazista, incute un certo timore, sarà forse questo il motivo per cui si è lasciato chiamare Bob Dylan? Si, perché AllA long The Watchtower è una cover di Bob Dylan e come sempre è riuscita piuttosto bene, tanto da far fare ad altri artisti, la cover della cover.
Intro coinvolgente, riff da dieci e lode, diciamo che è il classico pezzo che ti fa sognare di essere  su una Harley nella Valle della Morte, mentre sfrecciando il vento tiene dritte le frange attaccate al manubrio, forse questo è il suo punto di forza, il fatto che è un pezzo che scivola via se vuoi che scivoli, che ti esalta se vuoi esaltarti e che rilassa se vuoi rilassarti.

Hendrix potrà morire altre cento volte, ma non morirà mai, come la Fender Stratocaster e il fottutissimo Cry Baby!

ZosoSuperStar