Decima puntata della rubrica che vede Daniele Bazzani e Giovanni Onofri parlare delle...
2000 - Brave New World
L'album della reunion, della rinascita, dopo i poco apprezzati album con Bayley alla voce. Il ritorno di Dickinson genera enorme interesse in tutti i fan intorno a questo album, ma il ritorno forse più insperato di Smith alla chitarra è davvero da lasciar tutti a bocca aperta.
Eh sì, perchè anzichè controsostituire quel Gers tanto criticato quando nel 90 ne prese il posto, Smith affianca gli altri due, soprattutto come solista, (date le sue maggiori doti tecniche ed un gusto solistico meno "liquido" e più solido), migliorando decisamente il muro sonoro generato dalle chitarre nei live.
Brave New World è per me davvero un buon album, oserei dire il migliore da Fear of the Dark ad oggi e, per alcuni versi, anche migliore dello stesso. Sicuramente lo è a livello qualitativo. In occasione della reunion infatti la band punta ad una registrazione di alta qualità e richiama anche il mito Derek Riggs a disegnare la copertina (come ai bei tempi). Insomma, un ritorno in grande stile...
L'album si apre con il solito single The Wicker Man, brano gratinico con un refrain martellante e che fa buon sfoggio del trittico di chitarre, che saranno un po' la croce e deizia dell'intero full-length.
Su tutte le tracce, che sono tutte di buona fattura compositiva, da evidenziare la title track Brave New World, tipico brano maidiano, che parte lenta e sfocia nel ritornello da cantare a squarciagola (ma troppo ripetitiva, alla lunga stanca): fu un buon successo, soprattutto dal vivo.
Blood Brothers è uno dei brani più belli di questo nuovo corso, granitica e possente, struggente nel testo, ottimamente interpretata da Bruce.
The Nomad: suite dal sapore orientaleggiante che ricorda, nella struttura e nelle orchestrazioni, brani storici come Alexander the Great of Rime of. Molto belle le parti strumentali e i suoni di chitarra nei riff, un ottimo uso di scale armoniche (ovvio utilizzo per richiamare sonorità esotiche) e una parte centrale veramente bella.
Out of the Silent Planet: secondo single dell'album, azzecattissima hit, come da anni non accadeva, ritornello ruffiano ma funzionale, bellissima cavalcata di batteria tipica di Nicko, che in tutte le tracce appare decisamente in forma e mai fuori posto, nonostante la scelta di un rullante molto squillante ed una equalizzazione generale del drum molto diversa dal passato. Ma anche qui la qualità della registrazione ha inciso molto. Tentare comunque di cambiare qualcosa ha portato a risultati notevoli.
The Thin Line Between Love and Hate: suite molto lunga e ripetitiva, ma che mi è rimasta nel cuore per la prova da incorniciare di Dickinson, un cantato da accapponare la pelle.
Brave New World Tracklist:
1. The Wicker Man (Smith/Dickinson/Harris)
2. Ghost of Navigator (Gers/Dickisnon/Harris)
3. Brave New World (Murray/Dickinson/Harris)
4. Blood Brothers (Harris)
5. The Mercenary (Gers/Harris)
6. Dream of Mirrors (Gers/Harris)
7. The Fallen Angel (Smith/Harris)
8. The Nomad (Murray/Harris)
9. Out of the Silent Planet (Gers/Dickinson/Harris)
10. The Thin Line Between Love and Hate (Murray/Harris)
Line-up
* Steve Harris - Basso
* Dave Murray - Chitarra
* Bruce Dickinson - Voce
* Niko McBrain - Batteria
* Janick Gers - Chitarra
* Adrian Smith - Chitarra
2003 - Dance of Death
Passati tre anni dalla reunion e tronfi di due tour mondiali da tutto esaurito, la band torna in studio per questo secondo album della nuova era. Ma personalmente il calo rispetto al precedente è evidente, se si parte da quella menzionata come la peggior copertina metal della storia (per i Maiden penso ad un'offesa una frase simile, ma tant'è!) a quello che a me appare più come un brodo riscaldato che un progetto che continua dal punto lasciato.
DoD mi sembra lo scarto del precedente Brave: brani ridondanti, per molti versi copie carbone nella struttura dei precedenti, con il solo cambio dei riff (non delle tonalità, perchè i Maiden hanno strutturato praticamente una discografia sul trittico CMaj-DMaj/Dmin-Emin... se non è genio questo! :)
L'album si apre con il classico singolo che anticipa l'uscita dello stesso: Wildest Dream, tipico brano maidiano, con riff possenti, ritornello ripetuto infinite volte e che scatena le folle(solitamente la band usa aprire i live dei tour successivi all'uscita di un nuovo album proprio con l'opener stessa), devo dire che dal vivo questo brano non è proprio male, anche se lascia il tempo che trova, di certo non entrerà tra i classici del metal.
Rainmaker è un brano che non si discosta molto dai canoni di Brave New World: classica cavalcata, con intrecci ritmici delle tre chitarre, comunque molto ben equalizzate, riff centrali e strofa incalzante che fa praticamente da ritornello. Ripetitiva.
No More Lies è per me la miglior traccia dell'album, vuoi per il classico intro stile Seventh Son, vuoi per un ritornello possente e che entra nel cervello come una bomba. Ottima prestazione di Bruce e una maggior cura nell'uso delle tastiere ed effetti vocali. Passando oltre troviamo la title track più deludente della storia dei Maiden: Dance of Death...
Abituati nel passato che la canzone che dava il titolo all'album venisse considerata come la vera hit, il classicone, il brano che sarebbe sopravvissuto al tempo e alla band (faccio pochi esempi lampanti: Number of the beast, Iron Maiden, Fear of the Dark), fossero lunghe suite o delle poderose hit metal, la certezza del fan, all'acquisto del disco, era di arrivare a quel brano che non avrebbe deluso, sicuramente il più curato, più studiato, ragionato, altrimenti perchè dare anche il titolo all'intero lavoro?
Ma penso anche ad album minori, dove le title-track alzavano la media, parlo di Brave New World come No Prayer for the Dying! Ma qui, purtroppo, posso dire che la delusione è cocente, la suite appare noiosa, scontata, ripetuta all'infinito, anche la voce di Bruce sembra persa nella banalità, non si vede l'ora che finisca.
Stesso dicasi per molti degli altri brani, come Montesegùr, Gates of tomorrow e Paschendale.
Menzione particolare per Journeyman, brano conclusivo, stranamente dolce, con delle arie molto melodiche, chitarre acustiche, ottimamente interpretata da Dickinson, cala un po' sul ritornello, ma è comunque un minimo "sperimentale"(da prendere con le pinze) rispetto a tutto il resto.
Per certi versi mi ricorda the Clansman, ma alla lontana, non ne raggiunge il valore questo no, ma l'intenzione c'è e rimane insieme alla succitata No More Lies il miglior momento di un album che non fosse per la voce ed una registrazione decisamente buona, sarebbe ai livelli del baratro dell'era Bayley.
Da segnalare inoltre New Frontier come primo e finora unico brano mai firmato dal mitico Nicko McBrain che in questo album si cimenta anche per la prima volta con il doppio pedale in Face in the Sand.
Dance of Death Tracklist:
1. Wildest Dreams (Smith/Harris)
2. Rainmaker (Murray/Harris/Dickinson)
3. No More Lies (Harris)
4. Montségur (Gers/Harris/Dickinson)
5. Dance of Death (Gers/Harris)
6. Gates of Tomorrow (Gers/Harris/Dickinson)
7. New Frontier (McBrain/Smith/Dickinson)
8. Paschendale (Smith/Harris)
9. Face in the Sand (Smith/Harris/Dickinson)
10. Age of Innocence (Murray/Harris)
11. Journeyman (Smith/Harris/Dickinson)
Line-up
* Steve Harris - Basso
* Dave Murray - Chitarra
* Bruce Dickinson - Voce
* Niko McBrain - Batteria
* Janick Gers - Chitarra
* Adrian Smith - Chitarra
2006 - A Matter of Life and Death
Ci troviamo così alla fine di questa lunga storia, almeno per il momento questo è l'ultimo album da studio degli Iron Maiden. Pubblicato a tre anni dal precedente, dopo i soliti 16 live/dvd ufficiali e non ;D, qui lo sconforto ci prende già in partenza. Infatti non ci troviamo neanche più di fronte ad un singolo che apre l'album che abbia perlomeno la forza. Se già nel precedente DoD Wildest Dream fosse tutt'altro che un classico, ma almeno dal vivo dava un buono sprint ed un ritornello quantomeno accattivante, qui troviamo in Different World un brano banale, al limite del fastidioso.
Le successive These Colours Don't Run e Brighter Than a Thousand Suns sono brani molto lunghi e strutturati, soprattutto la seconda presenta un bel refrain vocale, una parte strumentale con un bel solo (si sente ad un certo punto un Whammy, quantomai raro come effetto per chitarra nei Maiden) e un ottimo lavoro di Nicko sulle pelli.
Pilgrim sembra uno scimiottamento di Powerslave, non fosse altro per l'uso di scale armoniche che ne ispirano sapori esotici, ma siamo lontani anni luce.
Out the shadows è una ballata di Dickinson che mi ricorda Tears of the Dragon, e comunque pare più un brano da solista del frontman, piuttosto che uno dei Maiden.
Sul fronte salviamo il salvabile: The Reincarnation of Benjamin Breeg, sicuramente qualche riga sopra le altre.
For the Greater Good of God qui apro una parentesi, il mio brano preferito sarebbe questo: per il ritornello più bello, per la grinta e i riff, assolutamente superiore agli altri brani, ma a fare un paragone con No More Lies del precedente album è identica: la strofa è una copia carbone, cambia solo il testo, il cantato e i riff sono identici, il cambio sta sul refrain, solenne anzichè staccato di potenza della...precedente versione!
La finale The Legacy è un brano con un'introduzione acustica in pieno stile Harris, ma con un cantato che mi ricorda molto le antiche ballate inglesi: l'apertura solenne delle chitarre elettriche cariche di effetto danno un effetto ancora più gotico al brano, che poi si sviluppa in modo sempre più crescente con l'ingresso della batteria, fino a ritmiche classiche, che rovinano un po' l'effetto retrò e fiabesco della lunga parte introduttiva, salvabile come intento molto Helloween prima maniera(Keeper of the seventh keys docet), conclude senza infamia nè lode un album che si snoda in questa falsa riga, per l'appunto senza lode nè infamia.
In definitiva un album di cui non si sentiva la mancanza e che denota che anche questa o quarta vena della band comincia ad esaurirsi. Tutto qui appare come già sentito, a volte raffazzonato e privo di brio.
Su tutto alla band va imputata l'aver perso in modo irrimediabile il dono della sintesi, che una volta era il vero marchio di fabbrica con brani stellari da 3 massimo 4 minuti. Questo A Matter of Life and Death sembra non finire mai: brani in media di 7-8 minuti ripetuti all'infinito, 3-4 ritornelli, decine di strofe sempre uguali... insomma, penso di aver reso l'idea di fondo di questo ultimo lavoro della band inglese.
In questo 2009 si attende l'ultimo lavoro in studio...beh, la speranza è l'ultima a morire!
A Matter of Life and Death Tracklist:
1. Different World (Smith, Harris)
2. These Colours Don't Run (Smith, Harris, Dickinson)
3. Brighter Than a Thousand Suns (Smith, Harris, Dickinson)
4. The Pilgrim (Gers, Harris)
5. The Longest Day (Smith, Harris, Dickinson)
6. Out of the Shadows (Dickinson, Harris)
7. The Reincarnation of Benjamin Breeg (Murray, Harris)
8. For the Greater Good of God (Harris)
9. Lord of Light (Smith, Harris, Dickinson)
10. The Legacy (Gers, Harris)
Line-up
* Steve Harris - Basso
* Dave Murray - Chitarra
* Bruce Dickinson - Voce
* Niko McBrain - Batteria
* Janick Gers - Chitarra
* Adrian Smith - Chitarra
AlexUnder
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