Decima puntata della rubrica che vede Daniele Bazzani e Giovanni Onofri parlare delle...
E’ tutto qui? In effetti no, però sì. Vedere nel senso di visualizzare. Le differenze tra queste due parole hanno solo una cosa in comune: la creazione di una immagine da parte del cervello. Per il resto la situazione è diversa. Quando una persona vede, l’immagine viene formata sulla retina e quindi immagazzinata nel cervello mediante collegamenti neuronali. E fin qui, semplicemente, ci arriviamo tutti.
Quando invece vi chiedo:
"Ti ricordi il colore della maglietta che avevi ieri pomeriggio?” (pensateci sul serio e rispondetevi)
Tutti voi, a parte chi penserà “io avevo la camicia” o cose del genere, alzerete gli occhi girandoli verso destra o nella maggior parte dei casi a sinistra.
Cosa avete fatto? Per la PNL avete utilizzato il vostro canale visivo per accedere al ricordo del colore della vostra maglia che avete visto ieri.
Ognuno di noi elabora questo “accesso” ai canali visivo, uditivo e cinestesico a suo modo mediante movimenti oculari, con casi che oltre la metà delle volte rientrano nella media studiata. Non sono qui però per generarvi orchiti gratis, ma per parlarvi in maniera generica di come viene utilizzata la visualizzazione nella musica.
Questa è una delle tecniche che viene utilizzata in svariati campi, soprattutto nello sport e laddove la motivazione e la determinazione hanno un carattere prioritario nel lavoro che si svolge giornalmente.
Purtroppo questa tecnica e molte altre vengono utilizzate nel peggior modo da mass media e company, rendendo poi la percezione degli utenti distorta rispetto alla realtà. Ma non è questo il nostro scopo.
L’obiettivo è quello di imparare a visualizzare la musica, immaginare, suonare, ascoltare solamente sfruttando ciò che il nostro cervello, la nostra abitudine e i nostri ricordi ci danno senza dover spendere grandi energie.
Sono da poco passate le Olimpiadi e di certo avrete notato i saltatori/trici in lungo ed in alto. Per loro è ben evidente il processo di visualizzazione dato che prima di saltare è come se diventassero autistici, parlano da soli, muovono le braccia, chiudono gli occhi concentrandosi.
Stanno immaginando il loro salto nei minimi particolari, quanti passi, come muoversi, la posizione delle braccia e delle gambe, la respirazione, l’atterraggio. Migliore è la visualizzazione che loro producono nella mente, migliore sarà il successo del salto.
State ancora facendo smorfie diffidenti? E ci credo, non è facile comprendere questi meccanismi perché solo dimostrabili solo se li applicate voi.
Facciamo un esempio,
preso in prestito dal primo libro di Anthony Robbins, trainer americano decisamente carismatico e di successo che ha scritto un volume molto ben leggibile e di facile comprensione.
Cosa è successo?
A volte pensiamo di avere dei limiti che non riusciamo a superare, ma se ci facciamo aiutare dall’immaginazione dove tutto è possibile, pian piano possiamo arrivare un passo avanti.
Suoniamo tutti spesso, chi più e chi meno. E quante volte abbiamo visto la nostra chitarra, l’abbiamo adorata, pulita, cambiato le corde, suonata con gli occhi appiccicati alla tastiera per paura di sbagliare? Tantissime! Tanto che ora se chiudiamo gli occhi e ci immaginiamo un Re maggiore in prima posizione possiamo vedere le nostre dita che eseguono l’accordo. Ma non solo quelle.
Possiamo vedere mentre si posano, quanto pressione esercitano, possiamo osservare le corde, il polso, riusciamo anche a ricordarci la sensazione che ci da la chitarra sulla gamba o sulla tracolla, sappiamo esattamente cosa sente il pollice premuto sul retro della tastiera. Lo ricordiamo, per forza. Come faremmo a dire allora che un’altra chitarra ha un radius diverso dalla nostra, oppure la distanza delle corde è diversa (di qualche decimo di millimetro magari)?
Ora siamo nella nostra immaginazione, non abbiamo la chitarra, possiamo fare tutto quello che vogliamo, mandare avanti veloce, fare pausa o andare lentissimi mentre suoniamo l’accordo con la destra. E anche la mano che tiene il plettro possiamo vedere, sapere dove sta appoggiando il gomito, l’inclinazione del polso, la distanza delle corde.
E allora perché non iniziare a far muovere in maniera lentissima la mano per suonare il nostro RE perfetto? E cosa succede se aumentiamo la velocità, fino a vedere la mano destra sfocata a 400bpm di metronomo sopra le corde? Riusciamo a vedere davvero il movimento? Dunque il cervello può abituare la nostra percezione della musica in meglio rendendoci precisi, svegli e allenandoci senza lo strumento?
Questa è una prima umilissima introduzione a quello che vorrei con voi espandere ed approfondire.
La mia intenzione non è convincervi che il paranormale esiste, ma raccontarvi la mia esperienza di una tecnica che mi affascina e mi ha aiutato, ma soprattutto che c’è un Giucas Casella in ognuno di noi.
La prossima puntata parleremo della pratica della visualizzazione e del modo per suonare la chitarra quando non si ha la chitarrra.
Ps. Qualsiasi lasteriano voglia contribuire è ben accetto!
Stay tuned!
Orio
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