Decima puntata della rubrica che vede Daniele Bazzani e Giovanni Onofri parlare delle...
Qualcuno si chiederà: “che cosa ci fai qui?”
Ebbene, il mio continuo girovagare per l’Italia, che ha diviso la mia famiglia in un triangolo ideale con al vertice tre città con la lettera iniziale “T” (Torino, Trieste e Taranto), non poteva completarsi se non in un matrimonio, rigorosamente celebrato con il rito “Greco-Bizantino”, con una ragazza di lingua madre “Arbëreshe”. Il risultato è questo: ho due figli entrambe bilingue, esattamente come la loro mamma, mentre io comprendo abbastanza bene il senso dei discorsi in lingua autoctona, anche se non mi azzardo a parlarla per non far ridere i polli (la mia pronuncia è pessima!).
Ho comunque assimilato appieno gli usi ed i costumi dei cosiddetti Arbëreshe (Albanesi d’Italia), una minoranza etnica che ci tiene a mantenere vive le tradizioni linguistiche, religiose e culturali risalenti ai propri antenati del millequattrocento.
Gli Arbëreshe, ancorché gemellati ed assimilati agli “Shqiptare” (Albanese di Albania), ci tengono a mantenere una propria identificazione ed indipendenza etnico-cultural-religiosa.
In Italia ci sono molti insediamenti Arbëreshe (Molise, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia) ed esistono due diocesi Greco-Bizantine, Piana degli Albanesi (PA) e Lungro (CS), riconosciute dal Vaticano e legittimate a sovrintendere una comunità di circa 80.000 fedeli.
Questa sera mi trovo a svolgere, per la seconda volta, le funzioni di Giurato Popolare del Festival della Canzone Arbëreshe che, quest’anno, è giunto alla XXVIII edizione.
In passato ho partecipato, in veste di musicista, a sei delle passate edizioni, condividendo con i miei compagni del “Gruppo Pllattni” (Gruppo Plataci) addirittura due secondi posti: la prima volta nel 1996 con “Arbëresha” (Albanesina), il cui testo è stato scritto dal mio accompagnatore, alias il Diac. Costantino Bellusci; la seconda volta nel 2000 con “Shqiponja” (L’Aquila).
Con leggero ritardo sulla tabella di marcia, dopo le presentazioni ed i saluti di rito al pubblico ed alle Autorità intervenute, alle 21,30 finalmente prende inizio questa deliziosa Kermesse musicale, alla quale mi piacerebbe partecipare più come concorrente che come giurato.
Il festival
Primo ad esibirsi è Michele Bloise con “YLL I NATËNIT / STELLA DELLA NOTTE” (Testo e Musica: Michele Bloise - Arrangiamenti musicali: Ermanno Marcello), un lento sentimentale che parla di un amore spezzato dalla tragica scomparsa di una ragazza che ha lasciato un grande vuoto nel cuore del suo compagno e che per lui ora è diventata una delle più belle stelle del firmamento. Pur non volendo sottolineare i palesi problemi di intonazione dell’interprete, mi sembra che l’esordio sia un po’ troppo triste e, tutto sommato, non particolarmente convincente ed intonato all’allegria dell’evento.
Per la verità, essendo giunta alla 28^ Edizione, Il Festival non poteva non diventare oggetto di continui elogi funebri “alla “memoria di …” che mi hanno messo addosso molta tristezza, soprattutto quando è stato evocato l’indimenticabile Salvatore Donato, sfortunato musicista/poeta Arbëreshe, prematuramente scomparso qualche anno fa e che ho avuto il piacere di conoscere ed apprezzare dietro le quinte della manifestazione:
Per ritornare al giusto tono allegro dell’evento, si prosegue con “NA JU BUAR / L'ABBIAMO PERSA” (Testo: Giuseppe De Marco e Carmine Natale - Musica: Carmine Natale - Arr. Musicali: Franco Iannuzzi, Luigi Sansò e Vincenzo Chimenti) cantata dagli Ata ka Spixana. E’ un motivo ironico e goliardico, totalmente ispirato alla tradizione della “Tarandeljla Arbëreshe” che racconta l’episodio di un animale smarrito, allegoricamente riferito alla perdita delle proprie origini e delle proprie tradizioni: “… Cosa ti deve dire il nonno? Deve dirti come eravamo e come siamo, perché come eravamo e come siamo non lo sappiamo più! Chi l’avrebbe mai detto che l’avremmo persa”.
Dopo essere fortunatamente tornati al giusto buonumore, si ritorna alla inconfondibile e tranquilla melodia di “KA NJË DRITSORE / DA UNA FINESTRA” (Testo e musica: Agostino Sofis - Arrangiamenti musicali: Fratelli Scaravaglione) cantata da Emiliana Oriolo, una paffutella ragazzina dal look leggermente inadeguato, dotata però di grande entusiasmo e di una voce molto armoniosa e perfettamente intonata: devo ammettere che l’esibizione live è stata veramente bella ed ha reso molto di più di quella presente in formato MP3 sul Sito del Festival.
L’arrangiamento è di buona fattura, nel pieno stile dei gemelli spezzanesi che non perdono mai un colpo e non ne sbagliano mai una. L’impeccabile esibizione ha certamente colpito la Giuria Popolare, poiché li ho sentiti scambiarsi ampi consensi di approvazione ad alta voce … secondo me, è fatta! E così sarà, anche se io non sono rimasto perfettamente convinto dal testo, a mio modesto parere non particolarmente poetico e significativo.
Si prosegue con un altro motivo abbastanza soft: “E VETEM SI DJE / SOLA COME IERI” (Testo: Lucia Chidichimo - Musica: Agostino Mario Chidichimo), cantato dalla deliziosa e giovanissima compaesana platacese Lucia Chidichimo, autrice del testo, visibilmente molto tesa ed emozionata. Ho la vaga sensazione che la tonalità scelta non sia molto adatta alle sue dotI vocali, avendo constatato l’enorme fatica che ha fatto per affrontare le note più basse di ciascuna strofa.
Il testo meriterebbe qualche parola in più poiché, ahimé, narra di un fin troppo diffuso dramma famigliare: quello dell’ubriachezza di un padre violento e manesco che riduce in schiavitù la famiglia e costringe all’impotenza la propria consorte che non può e non sa trovare il coraggio per contrastarlo e per difendere appropriatamente i propri figli da insulti e percosse. Allegria! Vabbè, è prassi consolidata che nei testi delle canzoni si debba parlare di temi sociali e di argomenti di attualità!
Ma perché non tornare ad allegre canzoni d’amore? Infatti, a seguire c’è “SE ZËMRA IME JE TI VETË / PERCHÈ TU SEI IL CUORE MIO” (Testo e musica di Zija’ Saraçi - Arrangiamenti musicali di Zija Saraçi e Claudio Chiacchio), cantato da Zija’ Saraçi. Il look, il gusto musicale, l’esibizione, il testo … tutto mi sembra assolutamente Shqiptare. Con tutto il rispetto, però, non rimango per niente affascinato dall’intero contesto di questa canzone che mi scivola sopra, senza lasciare alcun segno e ricordo.
E arrivano loro, gli infallibili fratelli di Spezzano Albanese con “NJË GJUH ÇË BIRET / UNA LINGUA CHE SI PERDE” (Testo: Francesco Scaravaglione - Musica: Francesco, Cosimo e Damiano Scaravaglione), cantato da Francesco Scaravaglione. A dire il vero, sono abbastanza curioso di scoprire cosa hanno escogitato quest’anno per riscuotere il successo di sempre, ma rimango un tantino deluso perché mi aspettavo molto di più.
Il testo tradisce un tantino le aspettative rispetto ad un titolo così importante, mentre il tema musicale in 6/8 non mi sembra particolarmente adattato al tragico dilemma che da sempre preoccupa la comunità Arbëreshe: la perdita della lingua e delle tradizioni della propria etnia … “perché la lingua Arbëreshe non deve finire; io oggi la vengo a salvare con la fantasia”. Evidentemente non possiedo la giusta sensibilità per comprendere ed apprezzare nel modo giusto questo pur valido motivo che, invece, si classifica al terzo posto e riceve il premio speciale della critica.
E’ la volta di “QIFTI DHE TRËNDAFILA / IL FALCO E LA ROSA” scritta, arrangiata ed interpretata dalla bravissima Rossella Stamati, veterana del Festival, avendo iniziato a parteciparvi nel lontano 1996, a soli dodici anni, classificandosi al secondo posto appunto con “Arbëresha”. Come in precedenza accennato, nel 2000 Rossella si è nuovamente classificata al secondo posto del Festival con la canzone di sua composizione "Shqiponja", accompagnata "live on stage" dal Gruppo Pllatni.
Pur evocandomi qualcosa di già sentito, trovo che questo motivo sia decisamente gradevole ed orecchiabile. La potenza e la precisione vocale di Rossella sono a dir poco entusiasmanti e trovo che sia cresciuta e sia maturata moltissimo, grazie alla buona esperienza che ha fatto in questi anni negli spettacoli di piazza, nelle feste e nei matrimoni.
La scelta degli effetti sonori e l’arrangiamento mi sembrano ottimali, ancorché si notino vaghe influenze di Tiziano Ferro e di Gianlunca Grignani. Il testo è ben scritto ed il contenuto merita la giusta considerazione: “Canta, perché il bambino si addormenti, perché il vecchio non dimentichi, perché il tempo non passi su noi. Canta, in questa lingua che io e te conosciamo, in questa lingua che parla d’amore, in questa lingua che vuol dire libertà”. Le mie aspettative non vengono tradite e la canzone si classifica al secondo posto.
Si prosegue con altri due volti arci-noti del Festival che propongono il brano “U VINJ E TË KËRKONJ / IO VENGO A CERCARTI” (Testo: Pino Cacozza - Musica: Mimì Zampino e Nikola Bellucci - Arrangiamenti musicali: Aleksander Paloli). La canzone viene infatti interpretata da Ernesto Iannuzzi e Pino Cacozza con la partecipazione di Jessica Novello e Cristina Paloli e si tratta di una specie di beguine, dallo sviluppo melodico tipicamente Arbëreshe, ricamata su di un testo - leggermente castigato - che narra di due ipotetici giovani collegiali di San Demetrio e della loro eterna promessa di amore. La canzone riceve il premio della critica in ex-equo a “NJË GJUH ÇË BIRET / UNA LINGUA CHE SI PERDE” dei fratelli Scaravaglione.
La nona canzone in gara è “NDËÇ MË DO / E SE MI VUOI…” (Testo e musica C. Azinari - Arrangiamenti musicali: Fratelli Scaravaglione), cantata da M. Antonietta Marcovicchio, altra giovane promessa che potrebbe crescere bene se venisse seguita molto da vicino da un buon maestro di canto: a tratti mi rammenta, con le dovute distanze, la vocalità di un’altra celebre interprete di etnia Shqiptare: la grande Anna Oxa. Il motivo è una specie di “bossa”, non particolarmente movimentata, sviluppata su di un testo ermetico ed a tratti contraddittorio, di non facile interpretazione.
Il penultimo motivo in lista è “U JAM / IO SONO” (Testo e musica: Claudio La Regina - Arrangiamenti: M° Poggiali), cantato da Claudio La Regina, ottimamente interpretato a livello vocale e ben sceneggiato attraverso un video autobiografico proiettato sullo schermo in sottofondo. Secondo me, questa canzone meritava ampiamente almeno un terzo posto o, quanto meno, il premio della critica per i pregevoli arrangiamenti orchestrali e per l’elevata poesia del testo: “Io sono il vento che ti raffredda quando ti riempi di fuoco, l’acqua che ti lava il dolore quando divento lacrima …”.
Ultima canzone in gara è; “NJË BIR, NËNG MËND VRITET/UN FIGLIO CHE NON PUOI UCCIDERE” (Testo: Angelo Greco (in albanese A. Paloli) – Musica e arrangiamenti: Aleksander Paloli) intepretata da Rosaria Crisafi. E’ un motivo che tratta un tema molto delicato, ancorché di piena attualità.
L’aborto è una parola sicuramente del tutto avversa alla cultura ed alla moralità dell’etnia Arbëreshe che, al contrario, legittima il proprio status-vivendi imperniandolo e riassumendolo su tre importanti eventi della propria esistenza: la nascita, per l’appunto, il matrimonio e la morte, ossia i tre passi essenziali del nostro percorso terreno che, nella tradizione Arbëreshe, vengono certificati con altrettanti riti religiosi e pomposi festeggiamenti. Mi astengo sull’interpretazione e sulla melodia, esprimendo i miei complimenti all’ottimo Maestro Aleksander Paloli per le bellissime canzoni che ci ha regalato nelle passate edizioni del Festival.
Vincitori e premi
Alle 0,30, dopo un velocissimo spoglio delle schede, si perviene alla proclamazione dei vincitori ed alla Premiazione del XXVIII FESTIVAL della Canzone Arbëreshe:
1) Vince Emiliana Oriolo con di “KA NJË DRITSORE / DA UNA FINESTRA”
2) Rossella Stamati si classifica al secondo posto con “QIFTI DHE TRËNDAFILA / IL FALCO E LA ROSA”
3) I Fratelli Scaravaglione si aggiudicano il terzo premio con con “NJË GJUH ÇË BIRET / UNA LINGUA CHE SI PERDE”
Il premio della critica è andato a Pino Cacozza, Ernesto Iannuzzi, Jessica Novello e Cristina Paloli per la canzone “U VINJ E TË KËRKONJ / IO VENGO A CERCARTI”, premio condiviso in Ex-equo con i Fratelli Scaravaglione per la canzone “NJË GJUH ÇË BIRET / UNA LINGUA CHE SI PERDE”.
TUTTI A NANNA! C’è chi è felice e beato, chi è deluso ed insoddisfatto, chi si aspettava di più e chi voleva cantare meglio! Tranquilli! Andrà meglio il prossimo anno!
Ringrazio tutti gli amici Lasteriani per l’attenzione che mi avete rinnovato nel leggere questo reportage, con la speranza di non avervi annoiato e di avervi fornito una bella immagine della Comunità Italo-Albanese, sicuramente poco conosciuta da parte di molti di Voi.
Ciao a tutti.
Bruno.
Link del Festival:
http://www.festivalarberesh.it/
Link dell’Arberia:
http://www.guzzardi.it/arberia/
FOTO MANIFESTAZIONE
Emiliana Oriolo
Ernesto Iannuzzi - Pino Cacoz
Fratelli Scaravaglione
Giuria Popolare
Giuria Tecnica
I presentatori
Miss Arbereshe 2009
Premio della critica
Rossella Stamati
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