Decima puntata della rubrica che vede Daniele Bazzani e Giovanni Onofri parlare delle...
It Might Get Loud
Proprio la presenza di The Edge, come quella di jack White dei White Stripes, mi avevano reso dubbioso sulla scelta dei chitarristi, ma come, un film sulla storia del rock e c’è il solo Jimmy Page a testimoniare il tutto? Non ho una grande passione per gli U2, pur riconoscendo in Dave Evans, più noto come The Edge, uno dei chitarristi più originali ed innovativi degli ultimi decenni. Ma per me, se si parla di rock, i nomi sono altri.
Guardando il film però ho capito dove Jimmy Page, produttore del progetto, volesse andare a parare: la scelta era su sé stesso e su due musicisti totalmente diversi da lui, per stile ed età, in modo da rappresentare diverse generazioni di guitar-heroes, musicisti che avessero qualcosa da dire, non solo suonando, ma anche a parole.
Il film è davvero interessante, ognuno racconta come ha iniziato e di ognuno ho scelto un momento rappresentativo del racconto, anche se le cose da dire sarebbero molte, ma è più divertente vederlo che sentirlo raccontare da me.
Jack White per un periodo della sua vita ha abitato in una stanza piena di strumenti, talmente piena che il letto non ci entrava, e lui dormiva rannicchiato in un angolo, su una coperta, quando si dice sacrificare la propria esistenza alla musica.
Davvero suggestiva la scena iniziale del film, ambientata in campagna: proprio White prende un pezzo di legno, tira una corda di metallo fra due chiodi alle estremità, avvita un pick-up sul legno, lo collega ad un piccolo ampli che ha vicino a sé, prende una bottiglia e inizia a suonare slide, con la sua nuova chitarra appena costruita. Il tutto sotto lo sguardo interessato di una mucca. Molto Blues.
The Edge viviseziona la propria strumentazione e ci mostra come e cosa ottiene con il massiccio utilizzo di effetti che lo contraddistingue, i vari delay che tutti prima o poi hanno imitato sono un inconfondibile marchio di fabbrica, veramente straordinario il lavoro di ricerca che lo ha portato sui libri di storia della chitarra. Stupisce per affabilità ed è talmente simpatico che a un certo punto, nel bel mezzo di un riff dei suoi, spegne tutti gli effetti e lascia il suono pulito dello strumento, prendendosi in giro da solo: “Senza effetti sarei davvero un chitarrista mediocre!” E ride.
Jimmy Page racconta di come, prima dei Led Zeppelin, fosse un turnista fra i più ricercati a Londra, la sua chitarra si poteva infatti ascoltare su molti successi dell’epoca ma, a un certo punto, il giovane talento si rese conto che non poteva continuare a “cercare” di eseguire qualcosa che un qualsiasi arrangiatore gli chiedeva, voleva di più. Così, attraverso la permanenza nei leggendari Yardbirds (nelle cui fila militarono anche Jeff Beck ed Eric Clapton), si fece strada fino agli Zeppelin.
In realtà volevo dire altro, e spiegare perché “Anche le rockstar sorridono”
La scena più emozionante del film è quando i tre musicisti sono riuniti a chiacchierare e suonare alcuni dei loro strumenti preferiti, e quando arriva il turno di Jimmy Page la cosa si fa davvero seria.
Il nostro imbraccia la sua fida Les Paul e inizia a suonare il riff di “Whole Lotta Love”. A quel punto The Edge si alza perché si trova leggermente di lato rispetto a Page e vuole vederlo bene, e il burbero Jack White, seduto giusto di fronte a lui ad altezza Les Paul, non riesce a mascherare un sorriso, non può davvero farci niente, è come un bambino che scopra Babbo Natale nell’atto di sistemare i regali sotto l’albero.
Perché una cosa è sentire i Led Zeppelin su disco, un’altra è trovarsi lui, Sua Maestà Jimmy Page, che ti suona quel riff, proprio quello, che lui ha scritto e reso leggenda, e tu che sei un chitarrista rock – o pensi di esserlo – hai passato ore, giorni, mesi, anni della tua vita, a cercare di suonarlo come lui. E in quel momento “La Leggenda” è davanti a te, tu sei per un attimo parte della storia e la semplicità con cui l’uomo Page suona uno dei suoi riff è disarmante, come lo è il sorriso che i due bambini Dave e Jack non riescono a trattenere, perché loro, che parte di quella storia hanno contribuito a scriverla, capiscono la solennità del momento.
Il pastore James Patrick spezza l’ostia del rock e ne offre un pezzo ai suoi discepoli, ignaro della benedizione loro offerta.
La messa è finita, andate in pace. Anzi, in Page.
Daniele Bazzani
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